In un Paese dove la natalità è ai minimi storici e l’età media alla paternità supera i 35 anni, gli andrologi della Società Italiana di Andrologia (SIA) lanciano un appello: è urgente rendere accessibile la crioconservazione del seme maschile attraverso il Servizio Sanitario Nazionale. L’invito arriva dagli Stati Generali della Prevenzione, aperti oggi a Napoli.
Nel 2024 in Italia sono nati 370mila bambini, 10mila in meno rispetto al 2023. Un calo che, secondo Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore di Urologia all’Università Federico II, è legato anche allo spostamento sempre più avanti della genitorialità. Gli uomini italiani sono i papà più anziani d’Europa, con il primo figlio in media dopo i 35 anni.
“Il tempo è nemico della fertilità maschile – afferma Palmieri –. Dai 34 anni in poi aumentano i danni al DNA spermatico, con possibili difficoltà di concepimento e maggior rischio di trasmissione di patologie genetiche”. La sola prevenzione, sottolinea SIA, non è più sufficiente: è necessario puntare sulla conservazione della fertilità maschile, ricorrendo al congelamento del seme in età giovane e sana.
La crioconservazione del seme, pratica già diffusa in alcune strutture pubbliche di PMA e in numerose banche private, consente di salvaguardare integrità genetica e motilità degli spermatozoi. Il processo è semplice: prelievo, analisi, congelamento in azoto liquido e conservazione per decenni. I campioni possono essere utilizzati con tecniche di riproduzione assistita come FIVET o ICSI.
Attualmente in Italia non esiste una banca nazionale del seme. Per questo la SIA propone di istituirne una e di integrare la crioconservazione tra le prestazioni coperte dal SSN, offrendo questa opportunità a chi decide di posticipare la paternità. “È tempo di riconoscere la crioconservazione come strumento di tutela della fertilità – conclude Palmieri –. Serve una nuova cultura della prevenzione, anche per gli uomini”.