
Per la prima volta l'immunoterapia, somministrata in una fase precoce subito dopo la chirurgia, ha dimostrato di tagliare in modo significativo il pericolo che il carcinoma si ripresenti o che abbia conseguenze letali. Scompaiono anche diversi effetti collaterali temporanei, fino a oggi presenti nelle principali strategie terapeutiche.
I nuovi farmaci immunoterapici stanno entrando nell'armamentario terapeutico degli specialisti urologi, soprattutto dopo la chirurgia robotica, trattamento d'elezione contro il tumore del rene. L'immunoterapia con Pembrolizumab, tra questi, è la grande novità nel trattamento post chirurgia del carcinoma renale, la forma di tumore che ogni anno aumenta al ritmo di 13.500 nuovi casi. Ma questa non è la sola novità: secondo lo studio di fase 3, Checkmate, nel carcinoma a cellule renali avanzato (RCC) il Nivolumab in associazione con Cabozantinib porta importanti miglioramenti della qualità di vita correlata allo stato di salute. Al 95° Congresso Siu tutti gli studi e le nuove terapie sul tumore del rene, chiamato 'incidentaloma' per la sua difficoltà di individuazione che avviene casualmente nel 60% dei casi.
"Soprattutto grazie ai grandi progressi della robotica negli ultimi anni, la chirurgia è il trattamento di elezione contro il cancro del rene -spiega
Vincenzo Mirone, professore di urologia all'Università Federico II di Napoli e responsabile dell'ufficio risorse e comunicazione SIU -Ma nel trattamento immediatamente successivo all'intervento, l'immunoterapia diventa fondamentale perché consente di ridurre in modo significativo il rischio di recidiva e di morte nel tumore del rene".
Prosegue il prof.Mirone: "Il tumore del rene è stato a lungo definito 'incidentaloma'. Da sottolineare anche come il 55% di questi carcinomi si presenta alla diagnosi circoscritto solo al rene, mentre nel 30% dei casi ha già sviluppato metastasi. Il trattamento di elezione contro il cancro del rene è rappresentato dalla chirurgia, soprattutto in considerazione degli enormi progressi consentiti dalla robotica negli ultimi anni. Chemioterapia e radioterapia, da sempre poco efficaci, vengono ormai scarsamente utilizzate. A rivoluzionare la pratica clinica è stata l'introduzione dei farmaci biologici prima e dell'immunoterapia poi, ma i notevoli risultati in termini di efficacia di quest'ultima sono stati a lungo accompagnati da diversi effetti collaterali temporanei: debolezza, stanchezza, nausea, vomito, perdita appetito, anemia e alterazioni cutanee".
"I nuovi farmaci permettono oggi di ottenere due grandi risultati- spiega
Andrea Minervini, responsabile dell'ufficio ricerca della SIU e direttore del Dipartimento di urologia oncologica mininvasiva robotica ed andrologica dell'azienda ospedaliera universitaria Careggi (Firenze) -per la prima volta l'immunoterapia, somministrata in una fase precoce, subito dopo la chirurgia, ha dimostrato di ridurre in modo significativo il rischio di recidiva del tumore del rene, mostrando al contempo un profilo di tollerabilità da parte del paziente assolutamente favorevole".
In definitiva, il fatto di poter disporre di nuove molecole, unitamente ai vantaggi in termini di precisione chirurgica e recupero postoperatorio assicurati dalla chirurgia robot-assistita, hanno permesso da un lato di estendere ulteriormente l'indicazione della chirurgia conservativa renale anche a tumori renali più avanzati, dall'altro di poter garantire ai nostri pazienti migliori risultati sia da un punto di vista oncologico che funzionale.
"Tra le nuove strategie terapeutiche a disposizione nel trattamento del tumore del rene avanzato- conclude il prof.Minervini - c'è anche l'utilizzo del Nivolumab in associazione al Cabozantinib. Secondo un recente studio di fase 3, Checkmate 9ER, nel carcinoma a cellule renali avanzato, a circa 33 mesi di distanza dal trattamento, questa associazione continua a mostrare, rispetto alla terapia con Sunitinib, una superiorità in sopravvivenza globale, sopravvivenza libera da progressione, tasso di risposta obiettiva, durata della risposta e risposta completa".