Il primo decesso umano da virus dell’influenza aviaria H5N5 è stato registrato negli Stati Uniti. Il caso riguarda un uomo anziano dello Stato di Washington, con patologie pregresse e contatto diretto con pollame domestico. Le autorità sanitarie statunitensi riferiscono che l’infezione deriva da esposizione a un piccolo allevamento familiare, potenzialmente in contatto anche con fauna selvatica contaminata. Il Dipartimento della Salute di Washington e i CDC confermano che non vi è alcuna evidenza di trasmissione interumana e che il rischio per la popolazione generale rimane basso. Tutti i contatti del paziente sono stati testati e non sono emersi casi secondari.
Il caso si inserisce in un contesto di circolazione sostenuta dell’influenza aviaria negli Stati Uniti. Dal 2024 sono stati segnalati oltre 70 casi umani, quasi tutti legati a esposizioni professionali o domestiche a uccelli o, più recentemente, a bovini da latte. Nell’ultimo mese il Dipartimento dell’Agricoltura USA ha registrato circa 1,6 milioni di volatili colpiti, con focolai in 43 allevamenti commerciali e 47 familiari. Negli USA sono stati ritirati anche alcuni lotti di latte crudo contaminati da H5N1, mentre non c’è evidenza di trasmissione tramite consumo di carne avicola.
In Europa, tra il 6 settembre e il 14 novembre 2025, sono stati identificati 1.443 casi di influenza aviaria ad alta patogenicità negli uccelli selvatici, il numero più alto mai registrato nello stesso periodo e quattro volte superiore al 2024. Il 99% dei casi è attribuito a virus H5N1 del genotipo EA-2024-DI.2.1, diffuso soprattutto in anatre, oche, cigni e in un numero rilevante di gru lungo la rotta migratoria tra Europa nord-orientale e sud-occidentale.
L’Istituto Superiore di Sanità ricorda che i virus aviari continuano a mutare e possono infettare mammiferi, inclusi bovini e animali da compagnia. I casi umani possono presentarsi in forma asintomatica, lieve o grave, e allo stato attuale non c’è conferma di trasmissione tra esseri umani. Anche l’Efsa conferma che non esistono evidenze di trasmissione attraverso il consumo di carne. Gli esperti italiani sottolineano che non si osservano elementi di allarme immediato. Secondo Gianni Rezza, «senza trasmissione interumana lo scenario epidemiologico non cambia». Un orientamento analogo arriva da Matteo Bassetti, che invita però a monitorare l’evoluzione virale alla luce dei casi H5N1 in mammiferi, compresi i bovini da latte.
Considerata l’elevata circolazione del virus negli animali e la contaminazione ambientale associata, l’Efsa definisce «urgentemente necessarie» rigorose misure di biosicurezza e l’individuazione precoce degli allevamenti avicoli infetti, insieme alla rimozione tempestiva delle carcasse, per prevenire l’introduzione del virus negli allevamenti domestici e limitarne la diffusione.