Le terapie per la Sindrome del QT Lungo hanno ridotto il rischio di morte dal 50% di cinquant'anni fa a meno dell’1%. Il dato è riportato da Peter J. Schwartz, direttore del Centro per lo Studio e la Cura delle Aritmie Cardiache di Origine Genetica e del Laboratorio di Genetica Cardiovascolare di Auxologico IRCCS, nella review pubblicata sul New England Journal of Medicine e firmata insieme a Lia Crotti, direttore dell'UO di Riabilitazione Cardiologica di Auxologico San Luca e professore associato di Cardiologia all’Università di Milano-Bicocca.
Secondo quanto riportato nel comunicato, la review ripercorre le tappe storiche della patologia e “certifica” l’expertise dei suoi autori, riconoscendo il Centro delle Aritmie di Origine Genetica di Auxologico IRCCS come struttura di maggiore esperienza mondiale per la Sindrome del QT Lungo insieme alla Mayo Clinic statunitense.
La Sindrome del QT Lungo è descritta come prima causa di morte improvvisa sotto i vent’anni. È caratterizzata dall’allungamento dell’intervallo QT all’elettrocardiogramma e da aritmie che possono provocare perdita di coscienza o arresto cardiaco, soprattutto durante sforzo, nuoto, stress o stimoli acustici improvvisi. Trattandosi di malattia genetica, una diagnosi in un soggetto richiede valutazione dell’intera famiglia.
La review descrive la denervazione cardiaca simpatica sinistra come intervento mini-invasivo efficace nella prevenzione delle aritmie più gravi, soprattutto in combinazione con i beta-bloccanti, con benefici anche sulla qualità della vita. Il ricorso al defibrillatore viene indicato come appropriato solo in un numero limitato di casi.
«La malattia, se non curata, comporta un rischio molto alto di aritmie fatali, ma per fortuna le terapie esistenti sono estremamente efficaci e hanno ridotto il rischio di morte dal 50% di 50 anni fa a meno dell'1% attuale», dichiara Schwartz.