In Francia, la categoria medica è in agitazione da giorni. Dall’inizio della settimana, i medici liberi professionisti hanno indetto uno sciopero contro la proposta di legge presentata dal deputato socialista Guillaume Garot, volta a contrastare la crescente crisi dei cosiddetti "deserti sanitari", le ampie zone del Paese dove l’accesso a medici di base e specialisti è gravemente insufficiente. Il dato più recente parla dell’87% del territorio francese in condizioni di carenza di personale medico, con effetti diretti sui tempi di attesa e sulla qualità dell’assistenza.
Al centro della protesta, la misura cardine della legge: limitare la possibilità per i medici di aprire nuovi studi nelle aree già sature, spingendoli invece verso le zone più carenti. Secondo il testo, i medici sarebbero invitati a non stabilirsi nei territori già ben coperti, come le grandi città, e ad accettare l’obbligo di svolgere almeno due giornate di consultazioni mensili nelle aree meno servite, in cambio di incentivi finanziari. Per Garot, si tratterebbe di una regolamentazione già in vigore per altre professioni sanitarie, come farmacisti e infermieri, e simile a quella adottata in paesi come Germania e Québec. Ma la categoria non ci sta.
Per i giovani medici, rappresentati dalle associazioni studentesche e dai sindacati, la proposta costituisce un attacco diretto alla libertà di esercizio professionale, principio fondante della sanità francese. «È inaccettabile e non risolve il problema strutturale», sostiene, come riporta Quotidiano Nazionale, Francesco Quaranta, vicepresidente dell’associazione dei giovani medici dell’Università Sorbona di Parigi. «Non è un tema di distribuzione territoriale, ma di carenza cronica di medici. E questo deriva dalle condizioni economiche e formative insostenibili che scoraggiano le nuove generazioni».
A preoccupare sono anche i numeri demografici: quasi la metà dei medici in Francia ha più di 60 anni e il tasso di abbandono degli studi di medicina, secondo l’associazione nazionale degli studenti (ANEMF), è in crescita per ragioni economiche. Dal 2010, il Paese ha perso oltre 10.000 camici bianchi e oggi circa il 7,4% dei medici esercita con titoli conseguiti all’estero, soprattutto in Romania, Belgio e Italia. Uno scenario che, secondo gli osservatori, potrebbe aggravarsi ulteriormente con il previsto pensionamento di un’intera generazione di medici entro il 2030.
Le proteste si sono concentrate a Parigi e in altre grandi città come Lione, ma il dissenso si estende a tutte le organizzazioni di categoria, che vedono nelle misure proposte non solo una limitazione della libertà, ma anche un rischio concreto di peggioramento delle condizioni di lavoro, già precarie, specie per i giovani professionisti.
Il governo, dal canto suo, spinge per un “cambiamento radicale” del sistema. Il primo ministro François Bayrou ha definito la situazione attuale «una terribile ingiustizia» e ha promesso una ristrutturazione profonda per riequilibrare l’offerta sanitaria su scala nazionale.
La proposta di legge, firmata da oltre 250 deputati, sarà votata in questi giorni dall’Assemblée nationale. Ma il clima di tensione lascia intravedere un braccio di ferro destinato a protrarsi, con la categoria medica intenzionata a difendere la propria autonomia di scelta e a riportare al centro del dibattito le cause strutturali della crisi, prime fra tutte il numero insufficiente di medici e le difficoltà legate alla formazione e alla sostenibilità della professione.