Medici e infermieri fra le categorie professionali più a rischio suicidio, al secondo posto dopo gli artisti e le persone dello spettacolo. Fra il personale sanitario si registra un tasso di suicidi più alto rispetto al resto della popolazione, 21 ogni 100mila abitanti contro 12,6. I dati emergono da un'indagine coordinata da Foad Aodi, presidente di Amsi, del Movimento Uniti per Unire e dell'Unem (Unione medica Euromediterranea).
Al primo posto ci sono gli infermieri e gli operatori socio-sanitari con un tasso di 16,2 suicidi ogni 100mila abitanti, seguiti subito dopo dai medici, 13 ogni 100mila abitanti. A rischio, in entrambe le categorie, sono soprattutto le donne. Numerose le cause, elenca Aodi: stress lavorativo e turni massacranti che costringono ad avere poco spazio per la famiglia e gli affetti personali, e nel caso delle donne il doppio faticoso ruolo di dottoresse/infermiere da una parte e madri/mogli dall'altra; scarse prospettive di carriera e frustrazione derivata da retribuzioni non all'altezza del costo della vita; stress legato al delicato lavoro nei reparti di emergenza urgenza; liti e contrasti con i colleghi, scarso dialogo con loro e con i pazienti. Pesano anche aggressioni e violenze fisiche e psicologiche subite, sul luogo di lavoro, da colleghi e pazienti, un trauma che si rivela difficile da superare. Nel caso delle donne anche violenze e abusi a sfondo sessuale.
Sei professionisti sanitari su 10 ammettono di soffrire di depressione e di traumi maturati sul luogo di lavoro. Una depressione molto spesso "nascosta - aggiunge - per paura di compromettere la propria posizione lavorativa agli occhi dei colleghi e dei superiori". Spesso è la conseguenza di "un trauma legato a un possibile errore commesso su un paziente, che apre la strada a una denuncia che può rovinare l'immagine e la carriera. Le denunce, spesso gonfiate, minano nel profondo la tranquillità del professionista, soprattutto se lo portano dalle corsie degli ospedali alle aule dei tribunali. Non c'è dubbio che il quadro è allarmante - commenta Aodi - Prima che sia troppo tardi, tutti, nessuno escluso, dobbiamo fare la nostra parte per salvare i professionisti sanitari dal rischio suicidio. Prima che si arrivi a un punto di non ritorno. Alla politica italiana e internazionale, sanitaria e sociale, chiediamo di non fare più promesse a vuoto e di tutelare concretamente, con adeguati strumenti e piani mirati, la salute fisica e psichica dei professionisti sanitari, dal cui benessere dipende quello dei cittadini".