Contrariamente alla comune pratica clinica, l’integrazione di potassio non riduce il rischio di andare incontro a fibrillazione atriale dopo un intervento di bypass aorto-coronarico. A dimostrarlo sono i risultati del trial clinico randomizzato TIGHT-K, che ha valutato due livelli di integrazione di potassio post intervento. Lo studio è stato presentato al Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC 2024), che si è tenuto a Londra dal 30 agosto al 2 settembre scorsi. A portare i risultati della ricerca è stato da Benjamin O’Brien, del Deutsches Herzzentrum der Charité di Berlino, in Germania.
L’indagine sul beneficio dell’integrazione di potassio
Circa un terzo dei pazienti dopo un intervento di bypass aorto-coronarico, così come dopo altri tipi di interventi di chirurgia cardiaca, può andare incontro a fibrillazione atriale. L’integrazione di potassio è una delle più comuni strategie per ridurre questo rischio, nonostante la mancanza di prove a supporto. Per valutare l’utilità dell’intervento di integrazione, l’indagine ha coinvolto 23 centri tra Germania e Regno Unito. I 1.690 partecipanti arruolati erano in attesa di un intervento di bypass e sono stati divisi in due gruppi: in uno è stata fornita un’integrazione di potassio volta a mantenere livelli alti-normali, superiori a 4,5 mEq/L, mentre nell’altro, l’integrazione è stata fornita solo quando i livelli di potassio scendevano al di sotto della soglia bassa-normale (< 3,6 mEq/L). L’endpoint primario era la fibrillazione atriale di nuova insorgenza confermata clinicamente e con elettrocardiogramma, nei cinque giorni successivi all’impianto del bypass.
Gli effetti dell’integrazione di potassio nei due gruppi
Dall’analisi dei tassi di fibrillazione atriale post intervento è emerso che questi erano simili tra i due gruppi (26,2% vs 27,8%), con una differenza che non era statisticamente significativa (p =0,44). Anche la differenza nelle aritmie diverse dalla fibrillazione atriale, sebbene numericamente inferiore nel gruppo con integrazione per mantenere alti i livelli di potassio, non era significativa (19,1% vs 21,1%; p = 0,26). Non sono state registrate, inoltre, differenze significative in vari endpoint secondari, tra cui la durata della degenza ospedaliera e la mortalità dei pazienti ricoverati. Tuttavia, il costo associato al trattamento è stato di circa 120 dollari inferiore nei pazienti trattati quando i livelli di potassio scendevano al di sotto della soglia bassa-normale (p <0,001). Infine, non sono state evidenziate differenze significative in nessun sottogruppo valutato, inclusi quelli distinti per età, sesso, frazione di eiezione ventricolare sinistra al basale e trattamento o meno con betabloccanti o diuretici.
Fonte:
Benjamin O’Brien. TIGHT-K – Potassium supplementation and the prevention of atrial fibrillation after cardiac surgery. Esc 2024