È un fenomeno “drammatico e il peggioramento” quello della rinuncia alle cure, secondo il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli. Nell’indagine Istat, “la principale responsabilità è data alle liste d'attesa.
Carenza di personale, cittadini sfiduciati e rinuncia alle cure. Il sistema sanitario italiano è in crisi, serve "tornare a reinvestire sulla sanità pubblica, sia in termini di risorse professionali che di adeguamento strutturale e tecnologico. Deve essere la via maestra per tutelare il nostro Servizio sanitario nazionale: non abbiamo più bisogno di ulteriori conferme a quella che è una realtà tristemente nota, ora occorre affrontarla e farlo in maniera condivisa fra istituzioni, cittadini e professionisti sanitari". Lo riferisce all’Adnkronos Salute Valeria Fava, responsabile politiche della salute di Cittadinanzattiva, commentando i dati dell'undicesima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) di Istat, nel quale si evidenzia che ben 4,5 milioni di italiani non si sono curati nel 2023 per motivi economici e a causa delle liste di attesa. "Il tema della rinuncia alle cure, per motivi legati alle liste di attesa e ai conseguenti costi economici del ricorso al privato, è ormai tristemente al centro delle segnalazioni che riceviamo dai cittadini, e nel corso del 2023 queste segnalazioni sono purtroppo in aumento", spiega Fava.
È un fenomeno “drammatico e in peggioramento” quello della rinuncia alle cure, secondo il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli. Nell’indagine Istat, “la principale responsabilità è data alle liste d'attesa. La riflessione è che, se vogliamo mantenere questo Servizio sanitario nazionale, oggi sempre più a rischio, serve agire, tenendo conto che siamo di fronte a un problema di carattere organizzativo aggravato dalla carenza di personale. Oggi, quindi, un intervento straordinario che riguardi gli operatori è imprescindibile”, spiega Anelli. “Alcune questioni – aggiunge -possono essere risolte, senza ricorrere a medici stranieri, con: l'utilizzo dei 50mila medici specializzandi, che sono laureati e possono esercitare; abbiamo poi la possibilità di estendere la libera professione, eliminando una serie di vincoli, ai camici bianchi che lavorano nel Ssn e consentendo loro di mettersi a disposizione delle aziende sanitarie, in termini ben precisi, per dare risposte alle liste d'attesa senza che paghino i cittadini. Lo Stato deve investire su questo, gestendo le liste d’attesa e dando obiettivi precisissimi alle Regioni".
Per il presidente dei medici, in questo momento, "bisogna puntare sui professionisti. Il Pnrr, bene o male, ha permesso gli interventi sugli aspetti strutturali e tecnologici, che si sono fatti e si stanno facendo. Ora sono i professionisti la soluzione". Tutto questo "non è solo a garanzia del diritto costituzionale alla salute. La stessa stabilità sociale di un Paese - conclude Anelli - è strettamente correlata all'equità di accesso alle cure. Più si compromette la tutela della salute, aumentando le disuguaglianze, più aumenta l’instabilità sociale. Avere la certezza di potersi curare riduce il disagio e ciò che ne consegue".