Varie importanti approvazioni di farmaci a livello europeo si sono registrate di recente in riferimento a patologie oncologiche (carcinoma epatico, leucemia mieloide acuta e colangiocarcinoma), malattie croniche intestinali (Crohn), patologie rare (malattia di Fabry) e dermatologiche (vitiligine).
La combinazione immunoterapica di durvalumab e una singola dose di tremelimumab è stata approvata nell'Unione europea (Eu) per il trattamento di prima linea dei pazienti adulti con carcinoma epatocellulare (Hcc) avanzato o non resecabile. L'approvazione da parte della Commissione Europea fa seguito al parere positivo di dicembre 2022 del Comitato per i medicinali per uso umano (Committee for Medicinal Products for Human Use, Chmp) dell'Agenzia europea del farmaco (Ema) e si è basata sui risultati positivi dello studio di fase 3 Himalaya pubblicati sul "New England Journal of Medicine Evidence" (Gassan K, et al. NEJM Evid 2022;1:EVIDoa2100070), dove il regime "Single tremelimumab regular interval durvalumab" (Stride), composto da una dose singola dell'anticorpo anti-Ctla-4 tremelimumab (300mg) associato all'anticorpo anti-Pd-L1 durvalumab (1500mg) seguito da durvalumab ogni quattro settimane, ha ridotto significativamente il rischio di morte del 22% rispetto a sorafenib (rapporto di rischio [Hr] 0,78; intervallo di confidenza 95% [CI], 0,66-0,92; p=0,0035). La sopravvivenza globale (Os) mediana era di 16,4 mesi rispetto a 13,8 con sorafenib. In base alle stime, il 31% dei pazienti trattati con la combinazione era vivo dopo tre anni rispetto al 20% di quelli trattati con sorafenib al follow-up della stessa durata. Il profilo di sicurezza della combinazione di tremelimumab in aggiunta a durvalumab era in linea con i profili già noti di ogni farmaco, e non sono stati identificati nuovi segnali di sicurezza. «I risultati dello studio Himalaya [condotto in 181 centri di 16 Paesi, tra cui Stati Uniti, Canada, Europa, Sud America e Asia] in cui è stato utilizzato un innovativo approccio di 'priming immunitario' con una singola dose di tremelimumab seguita da durvalumab in monoterapia, forniscono un'importante arma aggiuntiva nel trattamento di prima linea del tumore del fegato in fase avanzata» afferma
Lorenza Rimassa, professoressa associata di Oncologia Medica presso 'Humanitas University, IRCCS Humanitas Research Hospital di Rozzano (Milano). «Himalaya ha arruolato più di 1300 pazienti ed è uno dei più ampi studi di fase 3 condotti nell'epatocarcinoma in stadio avanzato, con il follow-up a lungo termine più lungo finora presentato.
Il nuovo regime Stride, basato sulla combinazione di due farmaci immunoterapici, durvalumab più tremelimumab, ha evidenziato un incremento della sopravvivenza clinicamente e statisticamente significativo rispetto a sorafenib, standard di cura al momento dell'avvio dello studio. Anche il tasso di risposta è risultato superiore con durvalumab più tremelimumab». «I pazienti con epatocarcinoma in fase avanzata necessitano di trattamenti ben tollerati che possano prolungare significativamente la sopravvivenza globale» spiega
Antonio Gasbarrini, direttore Medicina Interna e Gastroenterologia e del CEMAD alla Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. «Un dato rilevante in questo studio è la percentuale di pazienti lungo-sopravviventi: a 3 anni il 31% dei pazienti trattati con la combinazione è vivo rispetto al 20% dei pazienti trattati con sorafenib. Oltre al miglioramento dell'efficacia, è importante sottolineare che la combinazione ha salvaguardato la qualità di vita, dimostrando un buon profilo di tollerabilità, molto importante nel trattamento di pazienti con questo tipo di neoplasia che tendono ad essere più fragili e caratterizzati da diverse comorbilità». Durvalumab è un anticorpo monoclonale umano diretto contro il dL1, che blocca l'interazione di Pd-L1 con Pd-1 e Cd80, contrastando i meccanismi di immuno-evasione messi in atto dal tumore e consentendo la riattivazione del sistema immunitario. Tremelimumab è un anticorpo monoclonale umano che colpisce l'attività della proteina 4 associata ai linfociti T citotossici (Ctla-4). Bloccando l'attività di Ctla-4, contribuisce all'attivazione delle cellule T, innescando la risposta immunitaria al cancro e favorendo la morte delle cellule tumorali.
Il Chmp dell'Ema ha inoltre adottato un parere positivo per ivosidenib compresse, un inibitore dell'enzima mutato isocitrato deidrogenasi 1 (Idh1), per due indicazioni: 1) in combinazione con azacitidina, per il trattamento di pazienti con leucemia acuta (Lma) Idh1 mutata di nuova diagnosi e non candidabili alla chemioterapia di induzione standard; 2) in monoterapia, per il trattamento di pazienti adulti con colangiocarcinoma (Cca) Idh1 mutato, localmente avanzato o metastatico, precedentemente trattato. Il parere positivo del Chmp si basa sui dati clinici degli studi Agile (Montesinos P, et al. New Engl J Med, 2022) per la Lma e ClarIdhy (Zhu AX, et al. JAMA Oncol, 2021)per il Cca. «Si tratta di un importante traguardo per il trattamento dei pazienti affetti da Lma» ha dichiarato
Hartmut Döhner, direttore medico del Dipartimento di Medicina interna dell'Ospedale universitario di Ulm (Germania). «Circa nell'8% dei casi di questo tipo di tumore è presente la mutazione Idh1 e per questi pazienti questa efficace target therapy rappresenta un'importante opzione terapeutica, con solide prove di miglioramento della sopravvivenza globale e, cosa altrettanto importante, anche della qualità di vita». «Questa è un'ottima notizia per i pazienti con Cca intraepatico avanzato, un tumore con prognosi molto sfavorevole e opzioni terapeutiche limitate» ha osservato
John Bridgewater, professore e consulente in Oncologia medica, University College Hospital, Londra. «Per circa il 15% dei pazienti che presentano una mutazione Idh1, questa target therapy offrirà una valida opzione terapeutica, mirata ed efficace. Una nuova terapia personalizzata a disposizione dell'oncologia per migliorare il trattamento dei pazienti colpiti da questo tumore raro». Il parere positivo del Chmp per ivosidenib nei pazienti affetti da Lma e Cca con mutazione Idh1 sarà sottoposto alla Commissione europea (Ce), che emetterà una decisione finale entro due mesi circa.
Il Chmp dell'Ema ha rilasciato il proprio parere positivo anche per upadacitinib (45 mg [dose d'induzione] e 15 e 30 mg [dosi di mantenimento]) per il trattamento di pazienti adulti con malattia di Crohn attiva da moderata a severa che hanno avuto una risposta inadeguata, hanno perso la risposta o sono risultati intolleranti alla terapia convenzionale o a un agente biologico. Il parere positivo del Chmp è supportato dai dati di due studi clinici di induzione, U-Exceed (Colombel JF, et al. J Crohns Colitis, 2022) e U-Excel (Loftus E, et al. J Crohns Colitis, 2022), e di uno studio di mantenimento, U-Endure (Panes J, et al. J Crohns Colitis, 2022). In tutti e tre gli studi, una percentuale statisticamente significativa di pazienti trattati con upadacitinib ha raggiunto l'endpoint secondario cruciale della remissione endoscopica. L'assenza o la scomparsa dell'ulcerazione insieme ai miglioramenti osservati all'endoscopia sono associati alla guarigione della mucosa. «La malattia di Crohn, oltre a disturbi intestinali, può causare una serie di sintomi sistemici, con ovvie ripercussioni sul piano sociale ed emotivo. Le opzioni terapeutiche, che hanno obiettivi cruciali come l'induzione della remissione clinica e il miglioramento delle lesioni evidenziabili durante gli esami endoscopici, possono fare una differenza significativa nella gestione dei sintomi e nella qualità di vita legata allo stato di salute» dichiara
Giovanni Monteleone, professore ordinario e direttore Uoc Gastroenterologia del Policlinico Tor Vergata di Roma. «Upadacitinib potrebbe essere un'opzione terapeutica promettente per i pazienti adulti che, nonostante il trattamento con terapie convenzionali o biologiche, continuano ad avere una malattia da moderatamente a gravemente attiva». Upadacitinib nell'Unione Europea è approvato per il trattamento degli adulti con spondiloartrite assiale, spondiloartrite assiale non radiografica, artrite psoriasica, artrite reumatoide, colite ulcerosa attiva da moderata a severa e per adulti e adolescenti con dermatite atopica. In Italia, il farmaco è rimborsato dal SSN nel trattamento dell'artrite reumatoide, della spondilite anchilosante, dell'artrite psoriasica e della dermatite atopica.
Ulteriore decisione positiva: Il Chmp ha raccomandato l'autorizzazione all'immissione in commercio di Prx-102 (pegunigalsidasi alfa), il primo e unico enzima pegilato per il trattamento di pazienti adulti affetti dalla malattia di Fabry. Si tratta di un nuovo enzima α-galattosidasi-Galattosidasi-A (α-Gal-A) ricombinante umano da impiegare come terapia enzimatica sostitutiva (Ert) per il trattamento della malattia di Fabry. Il parere positivo del Chmp deriva da una richiesta di autorizzazione alla commercializzazione (Maa) che ha incluso dati positivi provenienti da una estesa serie di studi preclinici, clinici e di produzione atti a valutare Prx-102. Il programma di sviluppo clinico comprende gli studi clinici di fase 3 Balance, Bridge e Bright, già completati, lo studio clinico di fase 1/2 e gli studi di estensione correlati in corso, che insieme rappresentano più di 400 anni di esposizione al Prx-102, che è stato studiato in più di 140 pazienti, sia naïve al trattamento Ert che già sottoposti allo stesso, e comprende uno studio di comparazione testa a testa rispetto all'agalsidasi beta. I dati del programma clinico indicano che Prx-102ha le potenzialità per diventare una terapia di lunga durata con un profilo di tollerabilità e immunogenicità favorevole. Il parere del Chmp è ora sottoposto alla Ce per l'azione definitiva. La decisione finale della Ce sull'autorizzazione alla commercializzazione è prevista per l'inizio di maggio 2023. «Nonostante gli importanti progressi compiuti nel trattamento della malattia di Fabry, molti pazienti ancora convivono con bisogni insoddisfatti che influiscono sulla loro qualità di vita» ha dichiarato
Antonio Pisani, professore di Nefrologia all'Università degli Studi Federico II di Napoli. «È importante ricordare che Prx-102 è stato ampiamente studiato sia in pazienti naïve alle Ert sia in pazienti con esperienza di Ert. I solidi dati clinici supportano il parere positivo del Chmp». Prx-102 è una versione stabilizzata espressa in coltura cellulare vegetale e chimicamente modificata dell'enzima α-galattosidasi-A ricombinante. Le sub-unità proteiche sono legate in modo covalente tramite cross-linking chimico usando frazioni di peg brevi, dando luogo a una molecola con parametri farmacocinetici unici. Negli studi clinici è stato osservato che Prx-102 ha un'emivita circolatoria di circa 80 ore.
Infine, il Chmp ha emesso un parere positivo raccomandando l'approvazione di ruxolitinib crema per il trattamento della vitiligine non segmentale con coinvolgimento facciale negli adulti e negli adolescenti a partire dai 12 anni di età. Il parere favorevole del Chmp si è basato sui dati di due studi clinici registrativi di fase 3 (True-V1 e True-V2) che valutavano la sicurezza e l'efficacia di ruxolitinib (inibitore selettivo di Jak1/Jak2) crema rispetto al veicolo (crema non medicata) in più di 600 persone con vitiligine non segmentale, di età pari o superiore a 12 anni. I risultati del programma TRuE-V, recentemente pubblicati sul "New England Journal of Medicine", hanno mostrato che il trattamento con ruxolitinib crema ha portato a miglioramenti significativi nella ripigmentazione facciale e corporea totale rispetto al veicolo, come dimostrato dal numero di pazienti che hanno raggiunto gli endpoint dell'indice di punteggio dell'area della vitiligine facciale e corporea totale (Facial and total body vitiligo area scoring index - F-Vasi e T-Vasi) alla settimana 24 rispetto al veicolo, con una percentuale più elevata di pazienti che hanno risposto alla settimana 52. Le reazioni avverse più comuni (incidenza ≥ 1%) sono state acne nella sede di applicazione, prurito nella sede di applicazione, rinofaringite, cefalea, infezione delle vie urinarie, eritema nella sede di applicazione e piressia. Il parere del Chmp è ora in fase di revisione da parte della Ce. Una volta approvata, questa sarà la prima terapia per la vitiligine approvata disponibile nell'Ue indicata per il trattamento della vitiligine non segmentale con coinvolgimento facciale negli adulti e negli adolescenti a partire dai 12 anni di età. «Data la sua patogenesi complessa e la progressione imprevedibile, la vitiligine può essere molto difficile da trattare per i dermatologi» ha detto
Thierry Passeron, professore e primario del reparto di Dermatologia, Università della Costa Azzurra a Nizza (Francia) e uno dei principali ricercatori degli studi True-V. «Accolgo con favore la notizia e attendo con impazienza la potenziale approvazione di una terapia efficace in grado di indurre la ripigmentazione, che fornisca un'opzione fortemente necessaria per quei pazienti che vivono con la vitiligine e stanno cercando attivamente un trattamento».