Pubblicato su Clinical Cancer Research uno studio che mostra come l’aggiunta di (Z)-endoxifene al tamoxifene possa migliorare la risposta terapeutica nelle pazienti con carcinoma mammario ormono-dipendente e metabolismo ridotto.
Il tamoxifene è il trattamento di riferimento per molte donne con tumore al seno in fase iniziale. Agisce bloccando l’interazione tra gli estrogeni e i recettori presenti sulle cellule tumorali, impedendo così la crescita del cancro. Perché il farmaco sia efficace, però, deve essere trasformato dall’enzima CYP2D6 nella sua forma attiva, (Z)-endoxifene.
Circa un terzo delle pazienti presenta una bassa attività genetica di questo enzima, condizione che riduce la conversione del tamoxifene e, di conseguenza, la sua efficacia terapeutica. Lo studio, condotto in Germania su 235 donne con carcinoma mammario in fase precoce, ha valutato se la somministrazione diretta di (Z)-endoxifene potesse compensare questa ridotta attività metabolica.
I risultati indicano che l’aggiunta di (Z)-endoxifene permette di raggiungere nelle pazienti con metabolismo lento livelli terapeutici equivalenti a quelli osservati nei soggetti con metabolismo normale. La combinazione è risultata ben tollerata, con effetti collaterali lievi e simili a quelli del tamoxifene in monoterapia.
“Con questo approccio si offre una soluzione efficace a un problema di lunga data: l’insufficiente efficacia del tamoxifene in una parte significativa delle pazienti”, ha dichiarato il professor Matthias Schwab, direttore del Dr. Margarete Fischer-Bosch Institute of Clinical Pharmacology di Stoccarda e autore principale dello studio, in un’intervista a Reuters.
È in corso negli Stati Uniti una sperimentazione di fase intermedia che valuta l’impiego del (Z)-endoxifene nelle donne in premenopausa. La società Atossa Therapeutics, sponsor dello studio, ha annunciato l’intenzione di presentare domanda di approvazione alla Food and Drug Administration (FDA) nel 2026.