Dopo la morte improvvisa e drammatica ha colpito Giovanni Di Tuoro, medico della postazione SAUT (Servizio di Assistenza Urgenza Territoriale) 118 di Pollena Trocchia, colto da un malore, il mondo della sanità si interroga sulle cause profonde che hanno causato questo lutto.
“Il decesso del dottor Di Tuoro ci lascia basiti – dichiara Giovanni Senese segretario regionale del Sindacato Medici Italiani (SMI) –. Sono forse queste le tragiche conseguenze della carenza di personale medico nei pronto soccorso? Una carenza dovuta, spesso, all’incapacità politica di pianificare e ai troppi anni di blocco delle assunzioni”. A poche ore dalla tragedia, arriva la dura presa di posizione, che attraverso Senese lancia interrogativi pesanti sulle condizioni di lavoro dei sanitari del 118 e chiede risposte ufficiali all’ASL Napoli 3 Sud.
Secondo lo SMI, il caso di Di Tuoro non può essere liquidato come una fatalità isolata. Il sindacato punta il dito contro un sistema di emergenza-urgenza in affanno, dove molti operatori hanno un’età avanzata e sono sottoposti a turni pesanti, spesso senza adeguato supporto o ricambio. “È da tempo che chiediamo – continua Senese – un serio piano per la staffetta generazionale, con la formazione dei giovani medici e un’organizzazione del lavoro che incentivi i professionisti a rimanere nel sistema. È l’unico modo per contrastare il burnout, che è un problema reale e sempre più diffuso, anche nella nostra regione”.
Il sindacato rilancia anche una storica battaglia: il riconoscimento del lavoro usurante per tutti gli operatori dell’emergenza-urgenza – medici, infermieri e OSS – che operano nei Pronto Soccorso. Un riconoscimento economico e normativo che tenga conto delle condizioni lavorative estreme in cui questi professionisti operano quotidianamente. Lo SMI chiede formalmente che l’ASL Napoli 3 Sud faccia piena luce sulle eventuali concause legate all’organizzazione del lavoro che potrebbero aver influito sulla morte del dottor Di Tuoro. “Vogliamo risposte – conclude Senese –. Non possiamo ignorare le ricadute che l’attuale modello organizzativo ha sulla salute dei lavoratori stessi. È tempo di cambiare”.