Farmaci
Hiv
17/06/2025

Hiv, nuove raccomandazioni per l’uso delle statine in prevenzione cardiovascolare

Le persone che vivono con l’Hiv hanno un rischio significativamente aumentato di malattie cardiovascolari, che richiede un livello di gestione preventiva diverso

aids hiv

Il panel dell'U.S. Department of Health and Human Services (HHS) ha recentemente pubblicato nuove raccomandazioni cliniche per l’impiego della terapia con statine nella prevenzione primaria dell’aterosclerosi (ASCVD) per le persone con infezione da HIV.

Questa popolazione presenta, infatti, un rischio significativamente aumentato di eventi cardiovascolari, che richiede un approccio di prevenzione primaria specifico e differenziato rispetto alla popolazione generale.

Le indicazioni si rivolgono principalmente a pazienti con HIV di età compresa tra 40 e 75 anni con rischio di ASCVD stimato inferiore al 20% su un arco di 10 anni. Per i soggetti con rischio ASCVD ≥5%, viene raccomandata la prescrizione di statine a intensità moderata, quali pitavastatina 4 mg, atorvastatina 20 mg o rosuvastatina 10 mg giornalieri. Queste indicazioni si basano sui dati dello studio REPRIEVE, che ha dimostrato una riduzione del 35% degli eventi cardiovascolari maggiori (MACE) con l’uso di pitavastatina rispetto al placebo nei pazienti con HIV e rischio cardiovascolare basso-moderato.

Lo scorso anno, un panel del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS) ha pubblicato nuove linee guida che raccomandano l’uso di statine per la prevenzione primaria dell’aterosclerosi (ASCVD) in questo gruppo, queste nuove linee guida ampliano e aggiornano queste raccomandazioni.

Oltre all’ASCVD, le persone con HIV presentano un rischio aumentato di insufficienza cardiaca, aritmie, ictus e altre patologie vascolari, sviluppando queste patologie in media 10 anni prima rispetto alla popolazione generale un un’incidenza più che doppia nelle persone con HIV rispetto a quelle senza, e la prevalenza è triplicata negli ultimi 20 anni. L’infiammazione cronica, la gestione delle terapie antiretrovirali (ART) e i fattori di rischio tradizionali contribuiscono al quadro complessivo.

Le linee guida sottolineano l’utilizzo del calcolatore ACC ASCVD 2013 per la stima del rischio, riconoscendo tuttavia che questo strumento tende a sottostimare il rischio cardiovascolare reale nelle persone con HIV. Per i pazienti con rischio superiore al 20%, si applicano le raccomandazioni di prevenzione primaria per la popolazione generale, con l’impiego di statine ad alta intensità. La letteratura attuale non consente di formulare indicazioni standardizzate per i pazienti HIV positivi sotto i 40 anni; pertanto, la decisione terapeutica deve essere personalizzata sulla base di una valutazione clinica dettagliata.

Il documento affronta inoltre la gestione delle interazioni farmacologiche tra statine e ART, evidenziando come pitavastatina rappresenti un’opzione sicura anche in presenza di diverse terapie antiretrovirali. Per chi non può assumere statine o rimane ad alto rischio, altre terapie da considerare sono gli inibitori PCSK9, ezetimibe e acido bempedoico. Per la fibrillazione atriale, dabigatran ha meno interazioni con ART, mentre calcio-antagonisti come diltiazem e verapamil hanno interazioni con vecchi regimi ART.

Craig Beavers, autore principale delle linee guida, ha spiegato “Molti clinici pensavano che le persone con HIV non potessero assumere statine a causa delle interazioni con gli inibitori della proteasi, parte di alcune ART. Tuttavia, la pitavastatina non presenta queste interazioni, e molti pazienti sono ora trattati con regimi ART senza inibitori della proteasi”.

Rimangono molte domande aperte sulla prevenzione primaria delle malattie cardiache nelle persone con HIV, tra cui se usare aspirina come strategia preventiva e se altri agenti antinfiammatori, come la colchicina, possano essere utili, nonché la gestione specifica del rischio di insufficienza cardiaca in questa popolazione. Saranno necessari ulteriori studi per definire strategie di prevenzione più efficaci e personalizzate.

"È ancora necessario capire cosa porta all’insufficienza cardiaca nelle persone con HIV, se ci sono fattori specifici legati all’HIV e cosa possiamo fare per ridurre questi rischi," hanno concluso gli autori.

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