Solo il 41% dei cittadini italiani ha espresso il consenso alla consultazione del Fascicolo sanitario elettronico (Fse), "strumento cruciale per la digitalizzazione del Ssn". Ma tra le regioni ci sono vere e proprie 'fratture digitali', dall'1% di adesione in Abruzzo, Calabria, Campania e Molise all'89% in Emilia-Romagna. Tra le Regioni del Mezzogiorno, inoltre, solo la Puglia con il 69% supera la media nazionale. È quanto emerge da un report presentato dalla Fondazione Gimbe in occasione del 19/mo Forum Risk Management di Arezzo. “Persistono significative diseguaglianze regionali che privano molti cittadini delle stesse opportunità di accesso e utilizzo. Inoltre, la mancata armonizzazione del Fse rischia di lasciare i cittadini senza accesso a dati essenziali per la propria salute in caso di spostamento tra Regioni", dichiara il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.
"Il Fascicolo Sanitario Elettronico - dichiara il presidente della Fondazione Gimbe - non è solo uno strumento con cui il cittadino può tracciare e consultare la propria storia sanitaria, condividendola in maniera sicura ed efficiente con gli operatori sanitari, ma rappresenta una leva strategica per migliorare accessibilità, continuità delle cure e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari”. Il decreto del ministero della Salute del 7 settembre 2023 ha definito i contenuti del Fse 2.0, ma non tutte le Regioni rendono disponibili tutti i documenti. "Ad oggi - riferisce il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta - solo 7 tipologie di documenti", su un totale di 16, "sono accessibili su tutto il territorio nazionale: lettere di dimissione ospedaliera, prescrizioni farmaceutiche e specialistiche, referti di laboratorio, di radiologia e di specialistica ambulatoriale, verbali di pronto soccorso". Per quanto riguarda il profilo sanitario sintetico, il documento di erogazione delle prestazioni specialistiche, quello di erogazione dei farmaci e il referto di anatomia patologica - indica il rapporto - sono disponibili in oltre l'80% delle regioni; il certificato vaccinale è presente in 16 regioni e province autonome (76%), mentre il taccuino personale dell'assistito e la scheda della singola vaccinazione si trovano nei Fse di 12 Regioni (57%). Solo 5 (24%), ossia Basilicata, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto, rendono disponibile la lettera di invito per screening vaccinazione e altri percorsi di prevenzione. La cartella clinica, infine, è disponibile esclusivamente in Lazio, Sardegna e Veneto. "A livello nazionale - riassume Gimbe - sono messi a disposizione degli utenti il 79% dei documenti. Il Lazio è l'unica Regione che include nel Fse tutte le tipologie di documenti previsti dal decreto, mentre le altre Regioni presentano livelli di completezza variabili: dal 94% del Piemonte al 63% di Marche e Puglia".
L'analisi rileva variazioni regionali significative anche nella disponibilità dei 37 servizi che nel Fse dovrebbero permettere ai cittadini di svolgere varie attività fondamentali: dal pagamento di ticket e prestazioni alla prenotazione di visite ed esami, fino alla scelta del medico di medicina generale o alla consultazione delle liste d'attesa. "Solo Lazio (67%) e Toscana (64%) superano la soglia del 60%" nella disponibilità di questi servizi, "offrendo un'ampia gamma di funzionalità. All'estremo opposto, in Abruzzo e Calabria i servizi accessibili tramite il Fse si fermano all'8%", si legge nel report. "L'assenza di un'integrazione completa dei servizi, soprattutto nelle regioni del Sud - evidenzia inoltre il presidente della Fondazione Gimbe - riduce il potenziale del Fse come strumento di innovazione e accessibilità ai servizi sanitari, limitando le opportunità per i cittadini di beneficiare di una sanità realmente digitale".