L'Aula della Camera ha definitivamente approvato il Ddl sull'Autonomia differenziata con 172 voti favorevoli, 99 contrari e un astenuto. Il via libera è arrivato al termine di una seduta fiume notturna deliberata dall'Assemblea nella tarda serata di ieri, tra le contestazioni delle opposizioni.
Il disegno di legge con le 'Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione' è stato licenziato nel testo identico a quello votato dal Senato in prima lettura, si compone di 11 articoli e definisce i principi generali e le procedure delle intese tra lo Stato e le Regioni a statuto ordinario per l'attribuzione, o le revoche, di ulteriori forme di autonomia.
Nel Ddl viene, tra l'altro, stabilito che l'attribuzione di funzioni riferibili ai diritti civili e sociali, che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Il negoziato per l'attribuzione di nuove funzioni viene proposto dalla Regione interessata al presidente del Consiglio e al ministro per gli Affari regionali (prima dell'avvio del confronto Stato-Regione il Governo informerà le Camere e la Conferenza Stato-Regioni). Il presidente del Consiglio può peraltro limitare l'oggetto del negoziato ad alcune materie.
Il Governo viene quindi delegato a determinare, entro 24 mesi dall'entrata in vigore della legge, i livelli essenziali delle prestazioni, mentre il trasferimento delle funzioni attinenti a materie riferibili ai Lep può essere deliberato soltanto successivamente alla definizione di tali livelli e ai relativi costi e fabbisogni standard (e comunque dopo lo stanziamento delle necessarie risorse finanziarie).
Con una modifica approvata nel corso dell'esame da parte del Senato e' stato specificato che tali risorse devono assicurare gli stessi livelli essenziali delle prestazioni sull'intero territorio nazionale, comprese le Regioni che non hanno sottoscritto le intese, mentre dovrà essere garantita l'invarianza della proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni, insieme alla perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante Le intese Regione-Stato non potranno peraltro superare i dieci anni e potranno essere riviste su iniziativa delle due parti, anche sulla base di atti di indirizzo adottati dalle Camere.
Nel corso della notte sono stati approvati quattro ordini del giorno depositati da Forza Italia (gli unici interventi sul testo che hanno ottenuto il parere favorevole dall'Esecutivo), attraverso i quali viene, tra l'altro, sollecitata la sospensione dei negoziati con le Regioni fino alla definizione dei Lep con la legge delega prevista dal Ddl.
“La legge sull’Autonomia differenziata, o meglio sul regionalismo potenziato, approvata con una maratona notturna, segna l'inizio della fine per l’indivisibilità dei diritti civili e sociali, a cominciare da quello alla salute”, commenta il Segretario Nazionale Anaao Assomed Pierino Di Silverio.
“Nonostante molti esperti in materia, alcuni presidenti di Regione, la CEI, forze politiche e sociali diverse abbiano da mesi cercato di far comprendere la rischiosità del provvedimento, per la coesione sociale e la stessa identità nazionale, la logica degli scambi politici ha finito con il prevalere legittimando l’esistenza di più sistemi sanitari in barba alla Legge 833 del 1978 e all’articolo 32 della Costituzione”.
“La possibilità concessa alle Regioni ricche (il Nord) di trattenere più gettito fiscale – prosegue Di Silverio - configura un extra finanziamento destinato ad alimentare prestazioni sanitarie aggiuntive per alcuni cittadini rendendo un diritto costituzionale funzione del reddito e della residenza. Chi risiede in Regioni “forti” si curerà, gli altri potranno solo aspettare o migrare o rinunciare alle cure, come già fanno 4,5 milioni di italiani. Un sistema indebitato e sottofinanziato, che esplicitamente esclude “aggravi” per la finanza pubblica, come potrà colmare l’attuale differenza del 25% di spesa sanitaria individuale tra Nord e Sud? Si sancisce, così, la fine del welfare state unitario, per anni elemento cardine della nostra democrazia, e le cure non saranno più garantite in maniera omogenea secondo il dettato dell'art 32 della Costituzione.”
Parla di “frattura strutturale Nord-Sud” anche il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. L'autonomia differenziata, sottolinea, "renderà il Mezzogiorno ancora più dipendente dalle ricche Regioni del Nord, che a loro volta rischiano di peggiorare la qualità dell'assistenza per i propri residenti, perché non potranno aumentare in maniera illimitata la produzione di servizi e prestazioni sanitarie a favore dei 'migranti della salute'". Secondo il presidente Gimbe, inoltre, "oggi è stato dato anche il colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale, pilastro della nostra democrazia e strumento di coesione sociale, per un machiavellico 'scambio di cortesie' tra le forze politiche di maggioranza".
I poteri concessi in sanità dall’autonomia differenziata non sono pochi, è l’allarme lanciato da Di Silverio: “determinazione di tariffe e tickets; gestione dei fondi integrativi, con il rischio del risorgere di sistemi mutualistici-assicurativi; governance delle aziende, con la possibilità di un sistema arlecchino; mano libera sul sistema di formazione post-laurea. Fino alla nascita di un mercato competitivo per l’ingaggio dei professionisti, l’avvio di una concorrenza selvaggia nell’acquisizione delle risorse umane nutrita dal dumping salariale e dalle incentivazioni regionali, che svuoterà di valore il CCNL dei dipendenti”.
“In un SSN gravato da sottofinanziamento cronico, liste di attesa infinite, carenze di personale, di tecnologia e infrastrutture si abbatte come una scure una legge venduta come toccasana per i problemi di tutti, anche dei cittadini del Sud. Peccato – fa notare Di Silverio - che la Corte dei Conti faccia rilevare che non esistono prove per affermare che maggiore autonomia nelle disponibilità economiche e nella gestione delle risorse, aumenti il grado di efficienza dei servizi erogati. Ci troveremo, invece, di fronte a maggiori oneri per le regioni in difficoltà, perché più gettito a livello locale significa meno risorse disponibili a livello centrale per garantire un livello omogeneo di prestazioni essenziali, e maggior ricorso alla sanità privata che finirà per superare di gran lunga il costo di 41 miliardi odierni”.
“Per parte nostra – conclude Di Silverio - non resteremo inerti di fronte a una cittadinanza in sonno e a forze politiche che condannano a morte il SSN, “presidio insostituibile di unità del Paese”, secondo il Presidente Mattarella”.