In chiaroscuro il giudizio dei sindacati della Triplice - Cgil, Cisl, Uil - dopo l'incontro con il Ministro della Salute Orazio Schillaci. Si è parlato di ridisegnare l'assistenza territoriale, ma anche di rilancio del Servizio sanitario nazionale dopo le marce in sua difesa del 15 giugno in varie città indette dai sindacati (anche dei medici ospedalieri) e dalle associazioni dei pazienti. Non molto soddisfatto è
Maurizio Landini, segretario generale Cgil che vede nei nuovi quattro tavoli di confronto da convocare a luglio (contratti pubblici, privati, Rsa e liste d'attesa) l'unico risultato dell'incontro con il ministro. «Sui punti di fondo che avevamo proposto - rifinanziamento del Fondo sanitario nazionale ed adeguamento all'inflazione - non è arrivata nessuna risposta e per quanto ci riguarda dopo questo incontro c'è una ragione in più per manifestare sabato 24 giugno a Roma per il rafforzamento della sanità pubblica. Invitiamo tutti i cittadini a partecipare. Per noi aumentare la spesa sanitaria significa non fare la flat tax, ma tassare le rendite finanziarie i profitti e gli extra profitti», dice Landini ad ADNKronos Salute. Landini aggiunge inoltre di aver chiesto «assunzioni vere, di medici e infermieri, per ridurre le liste d'attesa e per rafforzare il Ssn. Su queste richieste non c'è stata nessuna risposta se non la disponibilità a fare altri tavoli».
Pure il segretario generale Cisl,
Luigi Sbarra chiedeva «un deciso rafforzamento del Fondo sanitario nazionale, per sbloccare le assunzioni, stabilizzare i precari, rendere più efficienti i servizi di cura». E di accelerare nel rinnovo del contratto e nella "messa a terra" degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza per «puntare sulla medicina di prossimità». Analoghe richieste dal segretario Uil, Pierpaolo Bombardieri alla vigilia dell'incontro per avere «risposte non solo per le organizzazioni sindacali ma per le persone». Sbarra, successivamente, si è mostrato in parte soddisfatto «perché il ministro si è impegnato non solo a riconvocare i tavoli di confronto, ma anche affinché nella prossima legge di Stabilità siano assicurate le risorse per rinnovare i contratti pubblici». Sulla medicina territoriale, «abbiamo chiesto un forte impegno a dare risposte concrete ai cittadini, abbattere le liste di attesa, rendere più efficienti i servizi di cura e di assistenza: qualità della cura è anche qualità del capitale umano a cominciare dalla necessità di sbloccare le assunzioni e stabilizzare i precari». Misure che passano «da un rafforzamento del Fondo sanitario nazionale, ma anche dal rinnovo dei contratti pubblici e privati. Vorrei ricordare questa vergogna di avere, in qualche comparto della sanità privata, contratti fermi da 12 anni».
Non erano invitati all'incontro i sindacati di categoria medici e in particolare quelli della medicina generale, ma
Silvestro Scotti segretario Fimmg ha colto l'occasione dell'incontro per ribadire ad Ansa il "no" del suo sindacato al passaggio dei medici di famiglia alla dipendenza: è "ipotesi che non è ad oggi in agenda, e che ci vede nettamente contrari". Entrando nei contenuti del disegno di Schillaci, c'è poi qualche perplessità sui temi della formazione e del pronto soccorso. Per la formazione servirebbe una riforma "morbida", «il passaggio dall'attuale corso triennale ad una specializzazione universitaria della durata minima di 4 anni, data l'attuale carenza di medici, dovrà essere graduale, per evitare che l'allungamento dei tempi crei ulteriori carenze». Quanto alla possibilità che il medico di famiglia indirizzi direttamente il paziente in reparto anziché in Ps, «una sperimentazione si è fatta in Lombardia con l'istituzione di un `codice blu´ ma il medico andrebbe messo in grado di effettuare esami diagnostici completi, a partire da elettrocardiogrammi e test cardiologici. Ad oggi i nostri studi ancora non hanno la strumentazione necessaria», osserva Scotti. E ricorda che le Regioni non hanno avviato le procedure per impiegare i 235 milioni stanziati già dal 2019. Su analoga lunghezza d'onda il presidente Fnomceo Filippo Anelli, medico di famiglia, che ammonisce: «Le Case di comunità sono una grande opportunità se pensate come motore organizzativo di servizi adeguati al territorio nonché come strumento nelle mani dei medici, senza perdere il rapporto di fiducia con i pazienti e la capillarità».
Pina Onotri, Segretario Generale Sindacato Medici Italiani-SMI contesta che «i sindacati di categoria non sono stati convocati». E ribadisce come SMI sostenga da anni una scuola di specializzazione universitaria per i mmg, «come avviene nel resto d'Europa, preservando il territorio come luogo imprescindibile in cui compiere la formazione». Invece, «la normativa vigente affida l'insegnamento della disciplina agli Ordini Provinciali che organizzano i corsi scegliendo docenti e argomenti da trattare con criteri difformi su tutto l'ambito nazionale». Quanto alle Case di Comunità «non si riesce a capire cos'altro queste strutture potrebbero aggiungere alle competenze che già vi sono all'interno del SSN. Fino poco tempo fa avevamo un medico di famiglia in ogni quartiere o in ogni piccolo paesino. Questo servizio essenziale per i cittadini è stato messo in discussione dalla carenza dei medici. Con le "Case", «si rischia di spendere tutti i soldi previsti dal PNRR per un restyling edilizio abbandonando però le aree socialmente più disagiate o meno raggiungibili. Senza un rilancio e un riconoscimento economico per i medici dell'assistenza primaria non vi sarà nessuna riforma che regga».