
In occasione della Giornata Mondiale dell'Ictus che si celebra sabato 29 ottobre, la Società Italiana di Neurologia (SIN) e l'Italian Stroke Association (ISA) fanno il punto su questa patologia che, solo nel nostro Paese, colpisce ogni anno circa 185.000 persone e che ha causato conseguenze invalidanti a circa 1 milione di pazienti.
In questi giorni, è stato pubblicato uno studio su Neurology da cui emerge come l'ictus abbia differenze di prevalenza di genere, età ed etnia.
Lo studio, svolto su 39.457 persone ricoverate negli USA fra il 2007 e il 2017, denuncia un aumento dell'ictus emorragico soprattutto nelle donne anziane: 13 casi su 100mila in confronto a 10 dei maschi, nei quali il rischio aumenta con l'età. A 50 anni i casi maschili sono 4 su 100mila, ma dopo i 65 salgono a 22.
Se l'incremento annuo è per tutti dello 0,7%, nei maschi a 50 anni è dell'1,1% e dopo i 65 del 2,3%, mentre nelle donne resta costante e in quelle giovani addirittura va, addirittura, riducendosi.
Un'ulteriore sorpresa dello studio, valida anche per l'Italia che è ormai un Paese multietnico, è la sproporzionata prevalenza nei neri con 15 casi su 100mila e un incremento annuo dell'1,8% non rilevabili negli asiatici o nei bianchi non ispanici che presentano una media di 10 casi su 100mila.
Il motivo è da ricercarsi tra l'altro nella maggior frequenza di ipertensione geneticamente determinata dei neri che li espone anche a maggior rischio di emorragie subaracnoidee, rottura di aneurismi, ecc. Il problema è ulteriormente accentuato dalla disparità razziale di trattamento che, almeno negli USA, allunga i tempi d'intervento trasformando in ore i minuti che salvano la vita.
"Anche per quest'anno l'obiettivo principale della Giornata Mondiale contro l'Ictus Cerebrale è ribadire quanto sia importante il riconoscimento tempestivo dei sintomi dell'ictus - afferma il Prof.
Mauro Silvestrini, Presidente di Italian Stroke Association - Lo slogan è "minutes can save lives", che tradotto in modo non letterale significa: ogni minuto è prezioso per salvare un paziente colpito da questa temibile condizione che si manifesta con la comparsa improvvisa di un deficit neurologico dovuto al fatto che l'afflusso del sangue diretto al cervello si interrompe improvvisamente per l'occlusione o per la rottura di un'arteria. Nel primo caso si parla di infarto cerebrale o ictus ischemico, mentre nel secondo caso di emorragia cerebrale o ictus emorragico".
Più precoce è l'intervento, più sono efficaci le terapie, minori sono le complicanze del trattamento. È fondamentale ribadire che il ricovero dei pazienti colpiti da ictus deve avvenire sempre in una Unità Neurovascolare o Stroke Unit: si tratta di strutture dedicate alla cura dell'ictus, dove lavora personale altamente preparato, in grado di fare una diagnosi corretta e di individuare la cura adeguata nel minor tempo possibile oltre a saper gestire tutte le esigenze dei pazienti inclusa l'alimentazione, la necessità di un intervento riabilitativo precoce e la prevenzione delle complicanze.
Oggi grazie all'impiego di tecniche di neuroradiologia funzionale che permettono di verificare lo stato di vitalità del cervello nella zona ischemica si è in grado, in pazienti selezionati, di estendere la possibilità di trattamento fino a 9 ore per la fibrinolisi e a 24 ore per la trombectomia meccanica, senza dimenticare mai il concetto che gli interventi più precoci sono sempre i più efficaci e sicuri.
Merita sicuramente una menzione particolare il ruolo fondamentale della prevenzione, ancora più importante in relazione all'aumento generale del rischio di malattie circolatorie legato alla crescita dell'età media della popolazione. Molti ictus potrebbero essere prevenuti semplicemente curando adeguatamente i fattori di rischio modificabili come l'ipertensione arteriosa, l'aumento dei grassi e zuccheri nel sangue, anomalie della funzione cardiaca, abitudini di vita dannose come il fumo, il consumo eccessivo di alcol, l'uso di droghe, la sedentarietà e l'alimentazione scorretta che portano a sovrappeso e obesità.