Nel 2025, nonostante le temperature elevate ben oltre la media climatica, i decessi correlati agli effetti del caldo estremo sono stati inferiori alle attese. Lo evidenziano i dati del “Piano Operativo Nazionale per la prevenzione degli effetti del caldo”, diffusi dal ministero della Salute, secondo cui nella stagione estiva del 2025 sono stati registrati 37.572 decessi nelle 54 città monitorate, a fronte dei 39.103 attesi: una riduzione del 4%. Il rapporto ricorda che, come negli anni precedenti, anche quest’anno si è registrata un’anomalia positiva della temperatura massima (+1,72°C rispetto alla media 1991-2020). Tuttavia, solo due le ondate di calore significative — tra fine giugno e inizio luglio e a ridosso di Ferragosto — e soprattutto un dimezzamento dei giorni di allerta: 16 contro i 32 del 2024.
Una combinazione che ha determinato un impatto sanitario più contenuto rispetto al passato recente: il 2025 risulta infatti l’anno con la mortalità estiva più bassa dell’ultimo quadriennio. Nel 2022, l’incremento dei decessi legato al caldo era stato del 15%, nel 2023 il dato era in linea con le attese, mentre nel 2024 si era osservata una nuova crescita del 2%. Dal report emerge che a pagare il prezzo più alto delle ondate di calore restano gli anziani oltre i 75 anni e le persone con patologie croniche cardiovascolari e respiratorie. Una quota rilevante dei decessi si concentra nelle grandi aree metropolitane del Centro-Sud, con particolare incidenza nelle giornate con elevata umidità e temperature notturne sopra la media, fattori chiave nel peggiorare la capacità di recupero dell’organismo. Nonostante il calo complessivo dei decessi, i tecnici del ministero osservano come il trend di aumento delle notti tropicali rappresenti una criticità crescente per la salute pubblica.
Gli esperti del ministero stanno approfondendo le ragioni del rallentamento registrato quest’anno. Tra le ipotesi citate, la maggiore efficacia delle misure preventive e delle campagne informative attivate grazie al Piano nazionale di prevenzione, che negli ultimi anni ha rafforzato monitoraggio, allerta e interventi mirati sui soggetti più fragili. Un altro possibile fattore – si legge nel report – riguarda i cambiamenti demografici successivi alla pandemia, che potrebbe aver ridotto la quota di popolazione più vulnerabile agli effetti del caldo. Il trend positivo non esclude, sottolinea il documento, la necessità di mantenere alta la guardia di fronte a estati sempre più calde e imprevedibili. Il ministero ribadisce l’importanza di interventi strutturati e tempestivi, soprattutto nei confronti delle persone anziane e con patologie croniche, la fascia più a rischio nelle giornate con temperature estreme.