La trasformazione digitale in sanità deve includere la medicina generale tra i protagonisti della progettazione dei nuovi servizi. Lo afferma Nicola Calabrese, vicesegretario nazionale della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg), commentando le stime di crescita del settore fino a 3 miliardi di euro nel 2026 riportate da NetConsulting Cube e il White Paper “Tecnologie e policy per il futuro della sanità digitale” prodotto da Anitec-Assinform (Confindustria).
“L’innovazione tecnologica non è un orpello ma un elemento strutturale della professione”, dichiara Calabrese. “Tuttavia, digitalizzare senza coinvolgere i medici di famiglia significa complicare la vita a pazienti e professionisti, producendo burocrazia, diseguaglianze e sfiducia”.
Il vicesegretario ricorda che la Fimmg ha investito negli anni nell’informatizzazione della categoria, sviluppando sistemi digitali coerenti con la legge Balduzzi, che prevede le Aggregazioni Funzionali Territoriali (Aft) per la gestione della cronicità e il monitoraggio degli obiettivi assistenziali.
Calabrese sottolinea che i medici di medicina generale devono essere parte attiva nell’analisi dei processi su cui si basano le piattaforme digitali e i flussi informativi — prescrizioni, certificazioni, teleconsulto, telemonitoraggio, presa in carico e continuità assistenziale — perché “un’evoluzione digitale non guidata da chi esercita la professione finisce per complicare ciò che promette di semplificare”.
Tra i nodi evidenziati, anche la fragilità digitale degli anziani. “Il digital divide non si supera con slogan. Servono interfacce accessibili, processi realmente dematerializzati e un accompagnamento di prossimità. Lo abbiamo visto nel post-Covid con le ricette elettroniche: quando il medico di famiglia è messo nelle condizioni di assistere i cittadini, l’innovazione funziona”.
Un recente rapporto dell’Osservatorio OASI-CERGAS Bocconi conferma le opportunità e i rischi della digitalizzazione dell’accesso, con un maggiore senso di prossimità ma anche un aumento del carico di lavoro per i medici di famiglia. “Per questo — aggiunge Calabrese — chiediamo che ogni progetto digitale, nazionale o regionale, preveda tavoli di confronto con la medicina generale”.
Infine, il tema dell’alfabetizzazione digitale: “L’Italia è un Paese anziano. La prossimità del medico di famiglia è oggi l’unico ponte tra cittadini fragili e servizi digitali. Servono fondi strutturali per personale di studio, help-desk territoriali, tutorial semplici e indicatori che misurino accesso, aderenza e soddisfazione”.
La Fimmg ribadisce che la digitalizzazione deve essere clinicamente sensata, interoperabile, co-progettata e misurabile, per migliorare la qualità della cura senza trasferire sui cittadini e sui professionisti il costo dell’innovazione.