Sono 120.000 gli italiani che convivono con l’Hiv e 2.000 le nuove infezioni ogni anno, anche se la cifra è sottostimata. L’incidenza di 3,2 nuovi casi per 100.000 residenti pone l’Italia al di sotto della media osservata tra i Paesi dell’Europa occidentale e dell’Unione Europea (5,1 nuove diagnosi per 100.000 residenti). Inoltre, nel 2022 sono stati diagnosticati 403 nuovi casi di Aids, pari a un’incidenza di 0,7 nuovi casi per 100.000 residenti. A livello globale nel 2023, circa 630.000 persone sono decedute per malattie Aids-correlate, rispetto ai 2,1 milioni di persone nel 2004 e 1,3 milioni nel 2010.
Per rispondere ai bisogni non ancora soddisfatti delle persone che vivono con Hiv e per dedicare più tempo al dialogo medico-paziente nasce Vhivian, la campagna di comunicazione promossa da ViiV Healthcare, azienda focalizzata al 100% sulla ricerca di trattamenti contro l’Hiv, con la collaborazione di Edra. Il progetto è stato presentato a Milano durante la giornata di apertura della trentottesima edizione del MiX Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer.
«Non bisogna banalizzare il problema», sottolinea anche Andrea Gori, ordinario di Malattie infettive all’Università di Milano e direttore del dipartimento di Malattie infettive presso la Asst Fatebenefratelli Ospedale Sacco, «la vita del paziente cambia radicalmente, si tratta di assumere una compressa al giorno per tutta la vita. Molti di essi non accettano la malattia, nonostante sappiano che non esiste più il rischio di trasmetterla, nemmeno attraverso i rapporti sessuali. Se il grado di soddisfazione dei pazienti supera appena il 50% vuol dire che c’è ancora molto da lavorare».
La parola d’ordine, anche in questo caso, è “mettere il paziente al centro”; e, al tempo stesso, combattere lo stigma che accomuna i pazienti con Hiv a quelli, per esempio, oncologici o psichiatrici. Lo ribadisce Antonella Castagna, primaria dell'Unità di malattie infettive al San Raffaele di Milano e direttrice della Scuola di specializzazione in Malattie infettive e tropicali all’Università Vita-Salute: «Il rapporto medico-paziente è ben lontano dall’essere ottimale. Permane uno stigma del quale il paziente stesso non si rende conto pienamente. Questo stigma non è raccontato e per aiutare il paziente a superare questa condizione occorre una strategia comune. Da questo punto di vista, ritengo che l’assistenza debba essere fornita non solo dal medico ma da un team multidisciplinare composto anche da infermieri e amministrativi della struttura sanitaria».