
Un excursus a tutto campo sui più recenti progressi nel trattamento del tumore ovarico e sull'importanza delle iniziative di supporto e informazione realizzate dalle associazioni di pazienti. Questo il contento dell'incontro online organizzato da Acto-Italia (Alleanza contro il tumore ovarico) in occasione della recente Giornata mondiale del tumore ovarico (8 maggio). Istituita nel 2013 per volontà di un numero selezionato di associazioni di pazienti, tra cui Acto Italia, la Giornata ha lo scopo di mantenere alta l'attenzione dell'opinione pubblica e delle istituzioni politiche e sanitarie sul più gravetumore ginecologico che, nel mondo, interessa 830 mila donne, con un'incidenza di314 mila nuove diagnosi/anno.
«Il tumore ovarico è la neoplasia ginecologica che, negli ultimi anni, è stata al centro di una grande rivoluzione diagnostica e terapeutica, consentendo un significativo incremento della sopravvivenza» ha affermato la presidente di Acto Italia,
Nicoletta Cerana. «Purtroppo, continuano a mancare gli strumenti di prevenzione o di diagnosi precoce, che invece esistono da tempo per il tumore della mammella e della cervice. Ecco perché l'informazione è tuttora la prima arma di difesa che le donne hanno a disposizione contro questa neoplasia, il cui riconoscimento è complesso per via della sua insorgenza subdola. La Giornata mondiale ce lo ricorda, invitando ogni donna a informarsi e a sottoporsi a controlli regolari».
Il punto sui successi conseguiti negli ultimi anni è stato fatto da
Nicoletta Colombo, docente di Ginecologia e Ostetricia all'Università Bicocca di Milano e direttrice del programma di Ginecologia oncologica all'Istituto europeo di oncologia (Ieo) della medesima città. «Dopo anni di buio totale abbiamo avuto, soprattutto negli ultimi cinque anni, avanzamenti veramente molto importanti per quanto riguarda il tumore ovarico, in modo particolare riguardo la prima linea in cui si gioca la prognosi della malattia» ha sottolineato. «Le pazienti chiedono spesso la medicina di precisione, cioè vorrebbero il farmaco giusto e preciso per ciascuna paziente e per ciascun tumore. Sfortunatamente nel tumore ovarico [inteso come carcinoma sieroso di alto grado, il più frequente, che si presenta in fase avanzata e non è caratterizzato da mutazioni specifiche], a differenza di altri tumori per i quali sono stati identificati bersagli specifici e quindi terapie mirate, per molti anni non si è riusciti a trovare dei target. Il tumore ovarico è infatti caratterizzato da un grande caos genomico con varie delezioni e amplificazioni ma senza mutazioni specifiche; questo ha molto limitato nel corso degli anni la possibilità di sviluppare una medicina di precisione». Poi qualcosa è cambiato, ha sottolineato Colombo. «Negli ultimi anni abbiamo trovato un bersaglio: si è capito cioè che la maggior parte dei tumori ovarici, almeno il 50% di essi, ha un difetto in un meccanismo di riparazione del Dna (la ricombinazione omologa). Intervenendo allora con determinati farmaci (quali gli inibitori di Parp [poli-Adp-ribosio polimerasi] o Parp-inibitori) che bloccano un altro meccanismo di riparazione del Dna, la cellula va incontro ad apoptosi. Questo difetto di ricombinazione omologa è particolarmente presente in pazienti e tumori in cui si riscontra la mutazione del Brca (Breast cancer antigen) ma anche in tumori senza tale mutazione. Gli inibitori di Parp sono stati usati soprattutto per la recidiva del tumore ovarico e si è visto che funzionano bene come terapia di mantenimento, ritardando la recidiva e la progressione del tumore. Ma la grande novità degli ultimi cinque anni è stata la dimostrazione che questi farmaci sono estremamente efficaci quando usati dopo la chemioterapia di prima linea» ha aggiunto Colombo. «È stato dimostrato che, alle pazienti con mutazioni del Brca, i Parp-inibitori portano un beneficio mai visto in precedenza, con un aumento sia della sopravvivenza libera da progressione (Pfs) sia, dato recente ancora più importante, della sopravvivenza globale (Os). Delle pazienti con la mutazione, a un follow-up di sette anni, il 67% erano vive contro il 46% del braccio placebo, con il 45% delle pazienti che non ha mai andata incontro a recidiva (e quindi non ha mai ricevuto un altro trattamento) contro il 20% del gruppo placebo. Personalmente, una paziente che a sette anni non ha mai avuto una recidiva la considero guarita». Risultati simili sono stati conseguiti anche in pazienti senza deficit della riparazione del Dna, ha detto Colombo, riportando i positivi dati finali di Os ottenuti impiegando bevacizumab. Sono stati infine citati i promettenti dati ottenuti con l'avvento degli anticorpi farmaco-coniugati e le potenzialità ancora in valutazione dell'immunoterapia e della terapia CarT. «Io tratto il carcinoma ovarico da 40 anni» ha dichiarato Colombo «ma questi ultimi cinque sono sicuramente quelli più esaltanti di tutta la mia carriera professionale, perché curve di sopravvivenza così fortemente positive non si erano mai viste. È chiaro che non ci si deve fermare qui, ma questi risultati sono veramente senza precedenti».
Sono quindi seguiti gli interventi di chi presiede le varie sedi regionali di Acto:
Ilaria Cardamone (Toscana),
Petra De Zanet (Triveneto),
Giovanni Gerosolima (Campania),
Annamaria Leone (Puglia),
Anna Motta (Sicilia),
Elisa Picardo (Piemonte) e
Alessia Sironi (Lombardia). In particolare, sono state esposte varie attività locali organizzate nel periodo intorno all'8 maggio (iniziative educazionali, incontri, illuminazioni di monumenti, attività sportive, laboratori creativi, etc.) volte in ultima analisi ad accrescere la consapevolezza della problematica clinica.
Rilevante inoltre, per chiarezza espositiva e impatto formativo, la presentazione di un video in cui, attraverso una breve sequenza animata di scritte e disegni, è stato riassunto tutto quello che per una donna è essenziale sapere del tumore ovarico: 1) si tratta del tumore ginecologico più grave e pericoloso: non dà sintomi specifici e non si può prevenire; 2) tutte le donne sono a rischio; la presenza di casi in famiglia o la predisposizione ereditaria aumentano il rischio; 3) il tumore non si può prevenire perché non esistono strumenti di prevenzione né test per la diagnosi precoce (certamente non il Pap test); 4) i sintomi sono: gonfiore persistente dell'addome, fitte addominali, bisogno frequente di urinare, inappetenza e/o sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto, perdite ematiche vaginali, stitichezza o diarrea; 5) se i sintomi persistono occorre rivolgersi subito al ginecologo; 6) i fattori protettivi sono: la pillola anticoncezionale assunta per lungo tempo, le gravidanze, i controlli ginecologici, l'adozione di correttistili di vita (alimentazione appropriata, regolare attività fisica, abolizione del fumo e dell'alcol), la chirurgia profilattica nei casi ad alto rischio; 7) i fattori di aumentato rischio sono: l'età, la nulliparità, la presenza di endometriosi, la positività anamnestica familiare per tumori ovarici/mammari/colon-rettali/endometriali, la presenza di alterazioni genetiche ereditarie, l'adozione di scorretti stili di vita (abitudine al fumo, scarsa attività fisica con sviluppo di sovrappeso); 8) il rischio genetico deriva dal fatto che quasi la metà dei tumori ovarici è causata da alterazioni genetiche che si possono ereditare da entrambi i genitori con probabilità del 50%; 9) i test genetici rilevano la presenza di un'alterazione genetica al momento della diagnosi di un tumore in una paziente e, "a cascata", nei suoi familiari sani; forniscono indicazioni per la miglior cura della donna malata e per la prevenzione dell'aumentato rischio nei familiari; va specificato che ereditare un'alterazione genetica non significa ereditare la malattia ma solo il rischio di ammalarsi e che chi eredita un maggiore rischio deve sottoporsi a misure di controllo e prevenzione; 10) le principali tappe diagnostiche sono rappresentate da: visita ginecologica, ecografia pelvica transvaginale, Tac addominale/Pet, valutazione dei marcatori tumorali, gastro/colonscopia (importante: una diagnosi in fase iniziale rende il tumore più curabile e migliora le possibilità di sopravvivenza); 11) il trattamento: per la gravità e l'elevata mortalità il tumore ovarico deve essere curato negli ospedali specializzati in oncologia ginecologica; la chirurgia è l'atto terapeutico fondamentale; la chemioterapia, insieme alla chirurgia, è uno dei cardini del trattamento, unitamente alle terapie farmacologiche innovative; 12) ai fini della qualità della vita è importante - durante la visita medica - chiedere: come nutrirsi correttamente durante la malattia, come ritrovare il desiderio sessuale, come superare lo stress psicologico.
Arturo ZenoriniSito Acto
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