Le Case della Comunità devono rappresentare un’opportunità e non un vincolo per i medici di medicina generale. È quanto afferma il sindacato Snami in un nota, con dichiarazioni del presidente nazionale Angelo Testa.
Secondo Testa, il modello organizzativo territoriale non può tradursi in un’imposizione: «Devono rappresentare una vera opportunità per la presa in carico della cronicità, per il lavoro multidisciplinare e per una migliore integrazione territoriale, ma non possono diventare un obbligo per i medici di medicina generale».
Nel documento, Snami interviene anche sul tema del ruolo unico della medicina generale, ribadendo la contrarietà a un suo utilizzo come modalità lavorativa imposta. «Ribadiamo con forza la necessità di un ruolo unico della medicina generale esclusivamente come strumento di accesso alla graduatoria e non come modello organizzativo rigido», afferma Testa, sottolineando la necessità di tutelare l’autonomia professionale dei medici.
Il sindacato richiama inoltre la funzione originaria delle Case della Comunità, che, secondo Snami, dovrebbero essere orientate alla gestione del paziente cronico e fragile. In questo quadro, Testa critica l’ipotesi di un utilizzo delle strutture territoriali per attività assimilabili al pronto soccorso: «Non devono essere concepite come mini-pronto soccorso territoriali. Va abbandonata l’idea della gestione dei codici bianchi, che non ha a che vedere con la medicina generale e rischia di aumentare confusione e carichi impropri» conclude.