Pubblicato sul Journal of Hepatology lo studio che documenta il primo trapianto di fegato da maiale geneticamente modificato in un paziente vivo con epatocarcinoma non resecabile. Gli autori descrivono uno xenotrapianto epatico ausiliario da un suino con dieci modifiche genetiche, con sopravvivenza del paziente fino a 171 giorni.
Nella fase iniziale non si sono osservati rigetto iperacuto o acuto. Il fegato suino ha prodotto bile, albumina e fattori della coagulazione bioattivi. Gli indicatori epatici e renali sono rimasti stabili nelle prime quattro settimane. La secrezione biliare ha raggiunto circa 400 ml al giorno al sedicesimo giorno post-operatorio.
La procedura ha previsto un donatore suino con knockout di tre xenoantigeni e inserimento di sette transgeni umani per modulare complemento, coagulazione e risposta macrofagica. Il regime immunosoppressivo ha incluso rituximab, basiliximab, corticosteroidi, tacrolimus, sirolimus e micofenolato. Il monitoraggio virologico non ha rilevato infezioni da virus suini indagati.
Dal giorno 25 sono comparsi segni di disfunzione coagulativa con incremento di D-dimer e prodotti di degradazione della fibrina, piastrinopenia marcata e attivazione del complemento. Gli autori diagnosticano una microangiopatia trombotica da xenotrapianto (xTMA). Nonostante anticoagulazione, eculizumab e plasmaferesi, al giorno 38 si è proceduto alla rimozione del graft, con successiva normalizzazione dei marcatori del complemento. La porzione epatica nativa residua ha mostrato progressiva rigenerazione.
Il decorso successivo è stato complicato da emorragie digestive alte ricorrenti a partire dal giorno 135, trattate endoscopicamente e con embolizzazione delle varici gastriche. Il paziente è deceduto al giorno 171.
Il caso conferma la fattibilità clinica dello xenotrapianto epatico ausiliario come ponte terapeutico in pazienti selezionati. Resta cruciale il controllo della xTMA, verosimilmente mediata da attivazione del complemento e incompatibilità endotelio-piastrine. Gli autori sottolineano la necessità di strategie integrate su complemento, endotelio e coagulazione, oltre a ulteriori ottimizzazioni genetiche e immunosoppressive.
Lo studio inserisce l’esperienza epatica nel solco degli xenotrapianti di cuore e rene, e richiama le autorizzazioni della Food and Drug Administration (Fda) a sperimentazioni cliniche su organi suini geneticamente modificati in pazienti con insufficienza terminale.