Diminuisce la quota di anziani che rinunciano a visite ed esami, ma le disuguaglianze economiche e territoriali restano forti. Lo rileva la sorveglianza Passi d’Argento dell’Istituto superiore di sanità (Iss), diffusa in vista della Giornata internazionale dell’anziano del 1° ottobre. Dopo il picco della pandemia, il fenomeno mostra un calo: gli over 65 che dichiarano di aver rinunciato a cure necessarie passano dal 23% del biennio 2022-2023 al 18% del 2023-2024. Ma il miglioramento non è equamente distribuito.
La rinuncia resta elevata tra chi ha difficoltà economiche – 25% tra chi fatica ad arrivare a fine mese e 40% tra chi dichiara molte difficoltà – e nelle regioni meridionali, dove si attesta al 23%, contro il 13% del Nord e il 18% del Centro. “Il quadro che emerge – spiega il presidente dell’Iss, Rocco Bellantone – è quello di una popolazione che continua a sperimentare barriere economiche, territoriali e sociali che ostacolano l’accesso equo ai servizi. La rinuncia a prestazioni necessarie influisce sugli esiti di salute individuali e, nel tempo, può comportare costi maggiori per l’intero sistema”. Anche i più fragili rinunciano di più: il 25% tra chi ha due o più patologie croniche e il 27% tra chi presenta problemi sensoriali, a fronte del 19-20% tra chi non ha queste condizioni.
Le principali cause restano le liste d’attesa (indicate da due terzi degli anziani), seguite dalle difficoltà di trasporto (17%) e dai costi, in crescita dal 2022 al 2024 (dall’8% al 16%). Inoltre, oltre la metà degli anziani ha fatto ricorso a prestazioni a pagamento, mentre solo il 41% si è affidato esclusivamente al servizio pubblico.
Infine, il 32% dichiara difficoltà nell’accesso ai servizi di base come Asl, medico di famiglia e negozi di prima necessità, con disagi maggiori al Sud, tra chi ha basso livello di istruzione e chi vive condizioni economiche più precarie.