La riforma dei medici di famiglia, uno dei temi più dibattuti negli ultimi anni, sta finalmente prendendo forma. Il cambiamento proposto mira a superare l’attuale modello di medico di base autonomo, proponendo l’assunzione dei medici da parte del SSN, come già avviene per gli ospedalieri.
A far emergere i dettagli della riforma, una bozza riservata di 22 pagine, il cui contenuto è stato letto in anteprima da Dataroom del Corriere della Sera, che anticipa l'intenzione del Ministro della Salute, Orazio Schillaci, di avviare un passaggio epocale per l’assistenza primaria. Le Regioni, che già nel 2021 avevano espresso la necessità di una riforma strutturale a seguito dei problemi emersi durante la pandemia,, sono d'accordo con le linee guida del Ministero, ma non mancano le resistenze. Il confronto tra le esigenze del Governo e quelle delle Regioni, insieme alle sfide interne della categoria, sta caratterizzando la fase preparatoria di questa riforma, la quale, se approvata, cambierà profondamente il ruolo e l’organizzazione dei medici di medicina generale.
Secondo le anticipazioni, il rapporto con il SSN per i nuovi medici di famiglia sarà di natura contrattuale, mentre i medici già in servizio potranno decidere se continuare come liberi professionisti o optare per un contratto di dipendenza.
1. Il passaggio al rapporto di impiego: la nuova legge sancisce che l'attività di medicina primaria richiede un rapporto d'impiego tra i medici e il SSN.
2. Il modello di assistenza: il medico di famiglia dovrà garantire la propria attività sia negli studi che nelle Case della Comunità, con orari estesi (dalle 8 alle 20), e offrire servizi diagnostici come elettrocardiogrammi, ecografie e spirometrie.
3. Ricambio generazionale e valorizzazione del ruolo: il 77% dei medici di base ha più di 55 anni, con una previsione di circa 10.000 pensionamenti nei prossimi 5 anni. Il modello di dipendenza è visto positivamente dai giovani medici, molti dei quali sono favorevoli a un contratto che garantisca maggiore stabilità e un ambiente di lavoro più strutturato.
La riforma prevede che i medici di famiglia debbano lavorare 38 ore settimanali, suddivise tra l'assistenza ai pazienti e la partecipazione a programmi di programmazione territoriale. La nuova organizzazione prevede che i medici, oltre a prendersi cura dei propri pazienti, possano partecipare a attività che riguardano l’intera comunità, come visite e vaccinazioni. Le Case della Comunità, luoghi di aggregazione dei professionisti sanitari, saranno il centro operativo principale.
La riforma introduce anche un cambiamento radicale nella formazione dei medici di base. L'attuale corso triennale di formazione verrà sostituito da un vero e proprio corso di laurea specialistico di 4 anni, con docenti qualificati e un significativo aumento della borsa di studio, portando il sostegno economico da 11.500 a 26.000 euro all’anno, allineandolo così a quello delle specializzazioni universitarie.
Nonostante il sostegno del ministro della Salute Orazio Schillaci e delle Regioni, la riforma incontra forti resistenze. Enpam, Fimmg e Fnomceo hanno evidenziato la loro contrarietà. La transizione sarà lunga e complessa.