"Le dichiarazioni del ministro della Salute, Orazio Schillaci, in merito ad una rivalutazione del ruolo dei medici di famiglia che dovrebbero impegnare 18 ore del loro impegno nelle Case di comunità pongono degli interrogativi per il lavoro dei medici di famiglia" lo afferma Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani (Smi). La medicina generale, e in particolare i giovani medici - osserva in una nota - sono investiti da questa riforma strutturale che ne ridefinisce l'assetto organizzativo. Senza introdurre strumenti nuovi, quali il part time oppure la retribuzione delle ore oltre le ore stabilite (straordinario) e l'utilizzo del lavoro agile in modalità di televisita e di telemedicina, non sarà possibile far funzionare le Case di comunità", avverte Onotri invitando a "sciogliere i nodi irrisolti" che rischiano di compromettere il successo di queste strutture.
"Occorre una migliore organizzazione del lavoro - spiega la leader Smi - con l'abbattimento della burocrazia che pesa sul lavoro dei medici di medicina generale. A tal fine riteniamo non più rinviabile il riconoscimento della televisita, che costituisce pienamente quel diretto contatto medico-paziente richiedente, e dell'autocertificazione dei primi 3 giorni di malattia. Per la realizzazione delle Case di comunità - prosegue Onotri - riteniamo necessario, inoltre, uno studio sulla realtà dei carichi di lavoro della medicina di famiglia, facilmente deducibili dai flussi informativi che mensilmente vengono inviati alle Regioni). Trentotto ore alla settimana sono un miraggio per i medici di medicina generale", precisa la sindacalista. "I pazienti che hanno in carico, soprattutto quelli più fragili, richiedono ben più di 20 ore di attività alla settimana, a meno di non contrarre la nostra disponibilità all'assistenza riducendola alle sole ore di apertura di studio previste contrattualmente. Nelle teoriche restanti 18 ore da svolgere nelle Case di comunità, quali compiti si assolveranno? Nei confronti di chi verrà svolta questa assistenza aggiuntiva?", chiede Onotri.
"Possiamo pensare a soluzioni diverse - propone - a partire dall'individuazione di un meccanismo flessibile di equivalenza scelta/ore per cui i medici con un carico assistenziale inferiore al massimale (1.500 scelte) possono coprire un debito orario nelle Case di comunità, retribuiti in parte a quota oraria e in parte a quota capitaria". In ogni caso, "le Case di Comunità potranno funzionare solo se si realizzerà una vera inversione di rotta nelle politiche contrattuali per la medicina generale. I milioni di italiani che sono senza medico di famiglia diventeranno molti di più senza nuove risorse per i contratti. Per i medici di medicina generale - chiarisce Onotri - non è solo una questione di migliori retribuzioni, anche se va sottolineato che i medici italiani risultano essere i peggio pagati d'Europa, ma anche di maggiori tutele come quelle di usufruire le ferie, ed essere coperti dall'infortunio sul lavoro, fino al diritto per le donne medico di avvalersi dei permessi e delle tutele per la maternità".