Farmaci
Oncologia
02/10/2024

Leucemia linfoblastica acuta, con Blinatumomab possibile svolta nella cura

Questa notizia incoraggiante proviene dai risultati dello Studio clinico E1910, recentemente pubblicato sul “New England Journal of Medicine”

anticorpo medico

Gli adulti con leucemia linfoblastica acuta (LLA) di nuova diagnosi potrebbero presto beneficiare di un nuovo standard di cura. Questa notizia incoraggiante proviene dai risultati dello Studio clinico E1910, recentemente pubblicato sul “New England Journal of Medicine” (NEJM). Lo studio dimostra che nei pazienti affetti da LLA Ph negativa e senza tracce di malattia rilevabile (MRD negativi) dopo il trattamento iniziale, l’aggiunta dell’anticorpo bispecifico blinatumomab alla chemioterapia di consolidamento aumenta significativamente la sopravvivenza.
In particolare, l’aggiunta dell’immunoterapia al trattamento di prima linea ha permesso una riduzione del rischio di morte del 59%. A circa tre anni e mezzo, l’85% dei pazienti trattati con blinatumomab è ancora vivo, rispetto al 68% dei pazienti trattati con la sola chemioterapia.

La LLA è un tumore del sangue a rapida progressione con alta mortalità e in Italia si stimano circa 800 nuovi casi tra adulti e bambini ogni anno.
Attualmente, il trattamento standard in prima linea della LLA Ph negativa è la chemioterapia, somministrata in tre fasi: induzione, consolidamento e mantenimento. In Italia, grazie al protocollo chemioterapico di prima linea (GIMEMA LAL 1913), si sono ottenuti importanti risultati nella pratica clinica per i pazienti adulti con LLA B Ph negativa: a tre anni, il 64,9% dei pazienti è ancora vivo (OS) e il 61,4% non presenta segni di malattia (DFS). Tuttavia, a seguito di una ricaduta, i pazienti hanno ancora outcome insoddisfacenti. Per questo motivo, è fondamentale prevenire le recidive e migliorare le risposte fin dall’inizio del trattamento, introducendo terapie efficaci e innovative in prima linea.

«Questo studio rappresenta un importante passo avanti nel trattamento della LLA perché, per la prima volta, dimostra che il blinatumomab somministrato in prima linea migliora la prognosi dei pazienti con LLA B Ph negativa MRD (malattia residua minima) negativi» dichiara Robin Foà, Professore Emerito di Ematologia, Università Sapienza di Roma. «È un risultato rilevante perché, anche per questi pazienti, il rischio di recidiva rimane elevato e dunque questo schema potrebbe diventare il nuovo standard di cura. Infatti, alla luce di questi risultati, lo scorso giugno, l’FDA ha approvato, negli Stati Uniti, il trattamento con blinatumomab per i pazienti con LLA B Ph negativa in prima linea, anche MRD negativi».

La LLA è una patologia eterogenea che comprende diverse tipologie, ognuna con una sensibilità variabile ai trattamenti. Per questo, caratterizzarla fin dall’inizio e monitorare la MRD permette di prevedere l’andamento della patologia e guidare il clinico nelle scelte terapeutiche più appropriate.

«Grazie alle evidenze di questo studio, blinatumomab potrebbe essere utilizzato nella prima linea di trattamento, prima che si manifesti la recidiva. In questo modo, l’innovazione portata da blinatumomab assolverebbe al principale compito a cui noi ematologi siamo chiamati, ovvero quello di migliorare i risultati clinici e ridurre la tossicità causata dalla chemioterapia» aggiunge Alessandro Rambaldi, Professore Ordinario di Ematologia, Università Statale di Milano. «Ma per portare gli effetti desiderati c’è un altro aspetto molto importante da tenere in considerazione, ossia quello di applicare a tutti i pazienti le tecniche di valutazione molecolare della MRD, condizione indispensabile per guidare le scelte terapeutiche dei clinici».

La MRD è un indicatore che segnala la presenza di una quota minima di cellule tumorali non visibili con i metodi diagnostici tradizionali, nonostante il paziente abbia raggiunto la remissione completa. «Lo sviluppo delle tecniche di valutazione della MRD con la biologia molecolare è uno dei progressi più significativi degli ultimi 20 anni» commenta Rambaldi. «Quando rileviamo la persistenza di MRD in un paziente apparentemente in remissione, possiamo anticipare una possibile ricaduta e selezionare la strategia migliore per il trattamento».
Anche un minimo errore nel monitoraggio della MRD può fare la differenza per la sopravvivenza del paziente. «In una patologia come la LLA, monitorare la MRD è fondamentale. Anche quando il paziente risulta MRD negativo, l’esame deve essere ripetuto più volte nel tempo» dichiara Foà. «Per ottenere dati precisi e attendibili, è essenziale che le indagini siano eseguite in laboratori certificati, con controlli di qualità, tecniche standardizzate e rigide tempistiche. Per questo motivo, in Italia, dal 1996, lo studio dei campioni biologici di LLA arruolati nei protocolli è centralizzato, incluso il monitoraggio della MRD».

Blinatumomab, il primo anticorpo monoclonale bispecifico autorizzato da EMA nel 2015, sta rivoluzionando il trattamento di questa patologia insidiosa. Già approvato per adulti e bambini nelle fasi avanzate di malattia e per eradicare la MRD, ora i nuovi dati mostrano risultati promettenti anche nelle linee precoci, offrendo ai pazienti nuove prospettive di cura. Prima immunoterapia sviluppata con la piattaforma BiTE® (Bi-specific T-cell engager) di Amgen, blinatumomab potenzia la capacità del sistema immunitario del paziente di eliminare le cellule tumorali. Quest’anno, il farmaco ha ricevuto il Prix Galien Italia, il più prestigioso riconoscimento all’innovazione in ambito farmacologico, nella categoria dei farmaci orfani.

La ricerca clinica è in continua evoluzione. In Italia, infatti, è stata fatta esperienza con un protocollo di trattamento di prima linea (GIMEMA LAL 2317) nei pazienti adulti con LLA B Ph negativa a cui è stato somministrato blinatumomab. I dati di questo studio sono stati presentati preliminarmente e accolti con molto interesse dalla Società Americana di Ematologia (ASH) nel dicembre 2023. Hanno dimostrato che l’outcome di tutti i pazienti adulti con LLA B Ph negativa, sia MRD positivi che MRD negativi, sta migliorando in modo significativo, e in questo blinatumomab sta confermando un ruolo importante.
Inoltre, come dimostrato da studi italiani pubblicati sul “NEJM” e sul “Journal of Clinical Oncology”, la combinazione di blinatumomab con la terapia a bersaglio molecolare in prima linea ha dimostrato la sua efficacia anche per i pazienti con LLA Ph positiva. Questa strategia ha permesso di ottenere una remissione completa nel 98% dei pazienti, e sopravvivenze a lungo termine nel 75-80% dei casi. La metà dei pazienti non ha dovuto ricorrere a chemioterapia e trapianto, aprendo le porte ad un approccio “chemio-free”.

N Engl J Med. 2024;391(4):320-33. doi: 10.1056/NEJMoa2312948.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39047240/

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