"Esercito negli ospedali? Non si tratta di militarizzare gli ospedali, ma di marcare la presenza dello Stato. Nel senso che, se 10 volanti della polizia non sono riuscite ad arginare un episodio come questo raid, significa che il personale della pubblica sicurezza è insufficiente per garantire, oggi, il rispetto delle norme e garantire la presenza dello Stato che dice che il diritto alla salute è un diritto che va rispettato e che nessuno si può fare giustizia da solo. Non vogliamo militarizzare la sanità, ma diventa il segno del rispetto della legalità". Ad affermarlo Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) intervenuto in un programma radiofonico sul tema della violenza contro il personale sanitario. Per il presidente Fnomceo "una parte importante di queste aggressioni trovano terreno fertile sicuramente sulle lunghe liste d'attesa o sulle difficoltà di ottenere una prestazione, talvolta il dolore associato a una sanità che non sempre è efficiente, provoca questi fenomeni che vanno comunque mai giustificati e sempre condannati, però quello che è successo a Foggia è assolutamente intollerabile", conclude.
Nel frattempo si allargano le adesioni alla manifestazione unitaria dei sindacati dei medici ospedalieri prevista a Foggia per il 16 settembre contro le aggressioni in corsia, dopo l'ultimo episodio verificatosi agli Ospedali Riuniti. "Riteniamo che la manifestazione del 16 settembre sia un primo appuntamento importante", fa sapere il Sindacato dei medici italiani (Smi), annunciando l'adesione alla mobilitazione unitaria lanciata ieri da Anaao Assomed e Cimo Fesmed. "I medici di medicina generale, come quelli ospedalieri, sono costretti a lavorare senza alcuna tutela, esposti alla mercè di chi si sente in diritto di aggredire verbalmente e fisicamente professionisti impegnati a rispondere ai bisogni di salute", spiega Delia Epifani, segretaria regionale Puglia del sindacato Smi, che aveva lasciato l'allarme già a metà agosto scorso, dopo l'aggressione subita dalla collega medico in servizio presso il Presidio di continuità assistenziale di Maruggio, in Provincia di Taranto. "Abbiamo auspicato, da tempo, che i sindacati di categoria dell'area della medicina convenzionata e di quella ospedaliera facessero fronte comune. La violenza è una delle principali cause che fanno decidere di lasciare la professione medica e sanitaria", aggiunge. Per mettere in evidenza l'emergenza nazionale di una sequela di aggressioni, lo Smi aveva proposto il mese scorso, in modo provocatorio, di richiedere il porto d'armi per il personale sanitario e medico. "Chiediamo - conclude la sindacalista - che si metta fine a questo scempio e di essere ascoltati. Riteniamo urgente la convocazione di un Tavolo con i sindacati dei medici, le Regioni, il ministro delle Salute e il ministro degli Interni al fine di adottare proposte per arrestare la violenza negli ospedali, nei presidi di continuità assistenziale e negli studi medici".