Science Clinic Life Collaboration è un progetto nato per rispondere alla necessità di condivisione delle conoscenze acquisite nel percorso diagnostico e terapeutico legato al carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC), noto come microcitoma.
Attraverso una serie di workshop dedicati a esperienze cliniche, patient journey, team multidisciplinari e ricerca, si è cercato di fare luce sugli aspetti più critici, sugli unmet need e sulle procedure necessarie per migliorare e ottimizzare la qualità di vita del paziente oncologico. Gli insight emersi saranno oggetto di dissemination e potranno dare origine a futuri dibattiti e discussioni.
Background
Negli ultimi anni, il panorama terapeutico del microcitoma ha subito significativi cambiamenti grazie ai progressi scientifici e agli sviluppi nella ricerca. In particolare, l'immunoterapia antitumorale ha aperto nuove prospettive nel trattamento di questa forma di tumore, rappresentando un'alternativa importante alla chemioterapia standard di prima linea. Uno dei farmaci immunoterapici più rilevanti in questo contesto è l'atezolizumab, recentemente approvato per l'utilizzo combinato con carboplatino ed etoposide in pazienti adulti affetti da SCLC in stadio esteso, con dimostrati benefici clinici.
Questi progressi nella ricerca e nella clinica rendono ormai indispensabile una condivisione delle conoscenze acquisite nel trattamento con immunoterapia in modo da poter sondare le criticità, sviluppare un percorso clinico ottimizzato.
Patient Journey
Il secondo workshop, proposto all’interno del progetto Science Clinic Life Collaboration, ha avuto come obiettivo quello di analizzare in modo approfondito ogni aspetto del patient journey nonché l’impatto che la diagnosi ha su paziente e caregiver.
Raffaella Manzo, psicologa clinica dell’ospedale Monaldi di Napoli, afferma infatti che a livello psicologico, “il 20% dei pazienti con microcitoma è colpito da depressione, il 10% da ansia e il 50% sviluppa un disagio psicologico. Questi disturbi rientrano nel concetto di distress emozionale che han un impatto negativo sulla qualità di vita, sulla gestione dei trattamenti quindi anche sulla sopravvivenza del paziente oncologico”.
In questo quadro è stato possibile identificare delle aree specifiche all’interno del percorso di presa in carico del paziente nelle quali fosse possibile un’ottimizzazione del processo al fine di migliorare la qualità di vita sia del paziente sia dei familiari.
Tra le misure per ottimizzare questo processo, Manzo afferma che “il supporto psicologico è fondamentale per alleviare il distress emozionale” – e prosegue: “spesso gli oncologi non riconoscono il distress emozionale e i pazienti non condividono né esprimono le loro emozioni. Vi è una difficoltà diffusa nel distinguere tra una reazione normale e un disturbo dell’adattamento”.
Si è quindi parlato di diagnosi, di relazioni di collaborazioni e dell’importanza della comunicazione empatica in una fase molto delicata, che richiederebbe un intervento psicologico mirato.
“Purtroppo – commenta Manzo – vi è una carenza di psicologi clinici nei centri oncologici e questo non aiuta la presa in carico del paziente”.
La comunicazione è essenziale non solo per mettere il paziente nella miglior condizione psicologica possibile, ma anche per far sì che conosca e comprenda al meglio sia la sua malattia sia le opzioni di trattamento, anche quelle più innovative.
“Per questo – prosegue Manzo – è necessario inserire nei corsi di laurea percorsi dedicati alla comunicazione nella relazione con il paziente e training relativi all’intelligenza emotiva”. Anche Domenico Galetta, dell’oncologia medica toracica dell’IRCCS Istituto Tumori di Bari è d’accordo sul tema della comunicazione: “Saper comunicare a pazienti e caregiver diagnosi, stadiazione e scelta terapeutica in modo accurato è fondamentale. Si tratta di una malattia molto difficile ed è necessario rendere chiara la sua complessità, mostrando la possibilità di terapie disponibili”.
In generale, il patient journey nel contesto del microcitoma è un percorso complesso, caratterizzato da momenti chiave – la comunicazione della diagnosi e del trattamento e il follow up – che devono essere trattati e affrontati adeguatamente e sui quali investire in risorse, formazione del personale, costruzione di protocolli ad hoc.
Galetta individua, insieme alla comunicazione, un’altra fase cardine del patient journey: “una delle priorità è saper stadiare questa malattia. Il passaggio tra malattia limitata ed estesa spesso è sottile; inoltre, sono due forme del microcitoma con due percorsi terapeutici e diagnostici completamente diversi, anche come probabilità di sopravvivenza”.
Galetta individua nel team multidisciplinare la chiave per ottimizzare il percorso del paziente: “nel microcitoma è importante la velocità, un tempo di diagnosi rapido. All’interno di questi tempi brevi, possono inserirsi sia la risonanza magnetica, sia le terapie simultanee, che coinvolgono palliativista e psicologo; e le associazioni pazienti per una più ampia informazione”.
La presa in carico precoce e un insieme di cure simultanee che comprendano la psicoterapia e il trattamento farmacologico sono quindi i nodi sui quali lavorare per migliorare il percorso del paziente.
Patient Journey
Il secondo workshop, proposto all’interno del progetto Science Clinic Life Collaboration, ha avuto come obiettivo quello di analizzare in modo approfondito ogni aspetto del patient journey nonché l’impatto che la diagnosi ha su paziente e caregiver.
Raffaella Manzo, psicologa clinica dell’ospedale Monaldi di Napoli, afferma infatti che a livello psicologico, “il 20% dei pazienti con microcitoma è colpito da depressione, il 10% da ansia e il 50% sviluppa un disagio psicologico. Questi disturbi rientrano nel concetto di distress emozionale che han un impatto negativo sulla qualità di vita, sulla gestione dei trattamenti quindi anche sulla sopravvivenza del paziente oncologico”.
In questo quadro è stato possibile identificare delle aree specifiche all’interno del percorso di presa in carico del paziente nelle quali fosse possibile un’ottimizzazione del processo al fine di migliorare la qualità di vita sia del paziente sia dei familiari.
Tra le misure per ottimizzare questo processo, Manzo afferma che “il supporto psicologico è fondamentale per alleviare il distress emozionale” – e prosegue: “spesso gli oncologi non riconoscono il distress emozionale e i pazienti non condividono né esprimono le loro emozioni. Vi è una difficoltà diffusa nel distinguere tra una reazione normale e un disturbo dell’adattamento”.
Si è quindi parlato di diagnosi, di relazioni di collaborazioni e dell’importanza della comunicazione empatica in una fase molto delicata, che richiederebbe un intervento psicologico mirato.
“Purtroppo – commenta Manzo – vi è una carenza di psicologi clinici nei centri oncologici e questo non aiuta la presa in carico del paziente”.
La comunicazione è essenziale non solo per mettere il paziente nella miglior condizione psicologica possibile, ma anche per far sì che conosca e comprenda al meglio sia la sua malattia sia le opzioni di trattamento, anche quelle più innovative.
“Per questo – prosegue Manzo – è necessario inserire nei corsi di laurea percorsi dedicati alla comunicazione nella relazione con il paziente e training relativi all’intelligenza emotiva”. Anche Domenico Galetta, dell’oncologia medica toracica dell’IRCCS Istituto Tumori di Bari è d’accordo sul tema della comunicazione: “Saper comunicare a pazienti e caregiver diagnosi, stadiazione e scelta terapeutica in modo accurato è fondamentale. Si tratta di una malattia molto difficile ed è necessario rendere chiara la sua complessità, mostrando la possibilità di terapie disponibili, ”.
In generale, il patient journey nel contesto del microcitoma è un percorso complesso, caratterizzato da momenti chiave – la comunicazione della diagnosi e del trattamento e il follow up – che devono essere trattati e affrontati adeguatamente e sui quali investire in risorse, formazione del personale, costruzione di protocolli ad hoc.
Galetta individua, insieme alla comunicazione, un’altra fase cardine del patient journey: “una delle priorità è saper stadiare questa malattia. Il passaggio tra malattia limitata ed estesa spesso è sottile; inoltre, sono due forme del microcitoma con due percorsi terapeutici e diagnostici completamente diversi, anche come probabilità di sopravvivenza”.
Galetta individua nel team multidisciplinare la chiave per ottimizzare il percorso del paziente: “nel microcitoma è importante la velocità, un tempo di diagnosi rapido. All’interno di questi tempi brevi, possono inserirsi sia la risonanza magnetica, sia le terapie simultanee, che coinvolgono palliativista e psicologo; e le associazioni pazienti per una più ampia informazione”.
La presa in carico precoce e un insieme di cure simultanee che comprendano la psicoterapia e il trattamento farmacologico sono quindi i nodi sui quali lavorare per migliorare il percorso del paziente.