Professione medica
Aids
25/07/2024

Aids, l’8% degli operatori sanitari evita contatto con pazienti. Il report Ecdc-Eacs

L’8% degli operatori sanitari eviterebbe il contatto fisico con una persona Hiv-positiva e 1 operatore su 4. È quanto emerge dal rapporto Ecdc e Eacs

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L’8% degli operatori sanitari eviterebbe il contatto fisico con una persona Hiv-positiva e 1 operatore su 4, prestando assistenza a un paziente con l'infezione, indosserebbe i doppi guanti. Lo stigma e la discriminazione verso il virus Hiv e le persone che convivono con l'infezione sono diffusi anche tra i camici bianchi. È quanto emerge dal rapporto del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e della European Aids Clinical Society (Eacs) fotografa il fenomeno per l'Europa e l'Asia centrale.

Il rapporto

Fra le attività dell'Eccd per valutare i progressi nell'attuazione della Dichiarazione di Dublino sul partenariato per combattere l'Hiv/Aids in Europa e in Asia centrale attraverso rapporti tematici e documenti, e i cui risultati saranno presentati alla 25esima Conferenza internazionale sull'Aids in programma il 26 luglio a Monaco di Baviera (Germania), il report rileva "lacune significative" sulle modalità di trasmissione e prevenzione dell'Hiv, particolarmente preoccupanti perché "questa mancanza di conoscenza è associata a livelli maggiori di stigma e discriminazione" verso i pazienti, "ostacolando gli sforzi per raggiungere l'obiettivo di sviluppo sostenibile di porre fine all'Aids entro il 2030". Dal report emerge che 1 operatore sanitario su 4 ignora l'equazione U=U (Undetectable=Untrasmittable), che significa che le persone con Hiv, se raggiungono e mantengono una carica virale non rilevabile, non possono trasmettere l'infezione ad altri; il 44% non conosce la profilassi post-esposizione (Pep), quasi il 60% ignora la profilassi pre-esposizione (Prep) e meno di un terzo degli intervistati conosce bene tutte e 3 i concetti (U=U, Pep e Prep). Alcuni sanitari - indica ancora il rapporto - hanno espresso riserve sul fornire assistenza a popolazioni chiave a più alto rischio Hiv: da chi fa uso di droghe iniettabili ai maschi che hanno rapporti sessuali con maschi, dai lavoratori del sesso a persone transgender. Sono state segnalate poi vere e proprie "pratiche discriminatorie", con più di 1 interpellato su 5 che ha testimoniato la riluttanza a fornire assistenza a persone che vivono con l'Hiv o sono a rischio di contrarlo. Infine, quasi un terzo degli intervistati ha ascoltato commenti discriminatori o negativi su pazienti Hiv-positivi e quasi il 20% ha assistito alla divulgazione dello stato di sieropositività senza consenso.

Come intervenire

Teymur Noori, esperto di Hiv dell'Ecdc e coordinatore dello studio, rileva "un urgente bisogno di interventi robusti e articolati per eliminare lo stigma, migliorare la conoscenza dell'Hiv tra gli operatori sanitari e garantire cure eque e non stigmatizzanti per tutte le persone che convivono con il virus. Affrontare questi problemi è essenziale - avverte - per raggiungere l'obiettivo globale di porre fine all'epidemia di Aids entro il 2030". Noori pensa ad attività di educazione e linee guida, interventi cruciali anche perché fra le conseguenze dello stigma ci sono le cure tardive e la scarsa aderenza ai farmaci.

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