I lavoratori delle case di cura convenzionate sono in stato di agitazione, medici ed infermieri. Sono prossimi allo sciopero. I colloqui tra datori di lavoro e Uil-Fpl, Fp-Cgil, Cisl-Fp si sono interrotti, il tavolo non procede. C'è solo un particolare da aggiungere: infermieri ed altri lavoratori dipendenti protestano per un contratto non rinnovato dal 2020; i medici aspettano quel contratto da 19 anni. La Cimop, unico sindacato firmatario del contratto dei medici della sanità privata, membro della confederazione Cimo-Fesmed, avverte: basta dire sui media che la politica favorisce sempre il privato, quando in realtà i medici della sanità privata sono i più trascurati. «Da un lato i datori di lavoro hanno ricevuto fondi ad hoc dalla legge di bilancio al fine di ridurre i tempi di attesa, ma dall'altro con l'attuale atteggiamento mostrano di ignorare le esigenze legittime dei lavoratori», protesta Carmela De Rango, Segretaria nazionale del sindacato di categoria Cimop. «In realtà, verso il privato sono state dirottate risorse a tutto vantaggio degli imprenditori, non dei lavoratori. Attendiamo il rinnovo di un contratto scaduto ormai da 19 anni, al Ministero della Salute lo sanno, nelle aule parlamentari e in Regione anche, eppure tutti fanno finta di niente. La dignità di medici, infermieri e tecnici continua ad essere calpestata nell'assordante silenzio di tutti». Il problema però è soprattutto nel contratto dei medici dipendenti degli ospedali convenzionati "laici" associati in AIOP. Se per gli infermieri c'è stato un aumento nel 2020, per loro non c'è dal 2005, salvo un ritocco minimo nel 2009. Gli ospedali non avevano risorse per il rinnovo, a fine 2019 la Finanziaria elargì alle regioni il 50% delle risorse per il rinnovo. Le case di cura religiose di Aris adeguarono anche per i medici. In ambito AIOP, fu adeguata solo la retribuzione del comparto. Che ora chiede di aggiornare il contratto al 2023, mentre i medici dovrebbero rivederlo da 15 anni.
«Abbiamo riparlato con governo e regioni, ma nessuno vuole farsi carico del problema, e la parte datoriale rifiuta di sedersi al tavolo con noi», dice De Rango. Le strutture "laiche" da una parte sono accreditate dalle regioni che erogano risorse pubbliche per far sì che contengano le attese dei cittadini, dall'altra tollerano che un medico dipendente abbia come stipendio base dai 25 ai 37 mila euro lordi annui, anche in regioni dove il privato convenzionato è molto utilizzato, e ho testimonianze di colleghi non riescono a sostenersi economicamente: molti stanno puntando i concorsi pubblici per diventare dirigenti del Servizio sanitario, cosa che gli consente di prendere il doppio». L'agitazione coinvolge anche Cimop come sindacato autonomo, e prelude a scioperi che «pur condotti nel rispetto della legge» potrebbero essere molto incisivi. «Noi stiamo procedendo ad una ricognizione azienda per azienda –dice De Rango – ma lo stato ha un ruolo importante in questa contesa, o dà luogo ad un riconoscimento paritario, erogando una parte delle risorse anche per i nostri aumenti, o ci sarà sempre meno personale medico per contenere le liste d'attesa». E saranno a rischio importanti strategie, come quella fissata dalla Finanziaria 2023 di consentire alle regioni di erogare un 1% in più quest'anno e un 2% in più nel 2025 e 2026 per il potenziamento dell'attività istituzionale degli ospedali convenzionati.
Gli aumenti avevano anche il compito di contenere l'impatto negativo delle riduzioni delle tariffe del nomenclatore che sarebbe entrato in vigore da quest'anno per le prestazioni specialistiche. Il rinvio del suddetto documento e del conseguente taglio dei rimborsi sulle prestazioni al 2025 potrebbe in teoria raffreddare la situazione e favorire l'avvio della contrattazione. Ma non sta accadendo. De Rango ammette: «Alcuni rimborsi sono più bassi dei costi sostenuti per l'effettuazione dell'esame, né tengono del valore aggiunto dall'attività del medico, al punto che potrebbero ripercuotersi sui tempi delle visite e sulla qualità dell'assistenza. Ma il fattore-nomenclatore non cambia la gravità della situazione che si è creata tra strutture convenzionate e loro dipendenti. Dalle istituzioni ci saremmo aspettati a fine 2023 un'attenzione maggiore: risorse mirate al contratto dei medici ed una modifica al sistema di accreditamento che consentisse di convenzionare solo le strutture che si siedono al tavolo contrattuale. È una questione di dignità dei lavoratori. Finché non ci staranno a sentire, finché avremo problemi economici noi medici per primi, come potremo operare per una sanità migliore a beneficio dei cittadini?»