Il fascicolo sanitario di 60 milioni di italiani è a buon punto ma quel che veramente funziona nella e-health del nostro paese è la ricetta con il collegamento dei medici del territorio alle banche dati delle sanità nazionale e regionali. Lo dice il rapporto "Exploring the digital health landscape in the WHO European Region: digital health country profiles" dell'Ufficio Europeo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il rapporto esce a pochi giorni dall’avvio del nuovo portale sul Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 (al sito salute.gov.it) e della campagna "Sicuri della nostra salute" che informa i cittadini sui progressi sul fascicolo. Il rapporto OMS confronta realizzazioni e prospettive delle sanità digitali di 53 paesi della regione europea, dall’Islanda al Caucaso. Sette i temi di confronto: livello di accuratezza della legislazione, degli interventi e del loro monitoraggio; fascicoli sanitari elettronici dei residenti e loro funzionalità; portali nazionali digitali per i pazienti; programmi di telemedicina valutati su 5 campi (teledermatologia, telepsichiatria, telepatologia, telemedicina propriamente detta e teleradiologia); servizi pubblici di mobile health; app per telefonini e loro potenzialità; strategie dei governi nell’uso dei big data intesa come propensione dei sistemi all’interoperabilità, organizzazione delle reti, adozione di standard tecnologici internazionali. Come capacità di integrare tecnologie sanitarie digitali l’Italia è tra i Paesi meglio piazzati. Su questi temi Oms ha chiesto risposte sia a livello nazionale in termini di adempimento sia regionale in dettaglio.
Le interviste a livello regionale confermano che dal 2016 c’è una strategia nazionale di salute digitale (83%), dal 2008 c’è un sistema informativo nazionale (79%) e dal 2020 c’è una strategia italiana per la telemedicina (78%) e che dietro i progetti c’è sempre la mano del servizio sanitario pubblico (100%). Più defilati ci sono i progetti di player privati (per il 35% dei rispondenti) o le partnership pubblico-privato (39%). Ci caratterizziamo in Europa come uno dei sistemi più rodati in tema di tutela della privacy (100% dei rispondenti dicono che i dati sono tutelati) e capaci di suddividere le informazioni digitali con dataset disponibili allo specifico professionista (74%) oltre che di modulare la disponibilità di questi set a seconda delle volontà del cittadino (65%) che da parte sua può accedere al fascicolo senza problemi (86%). Già nel 2022, oltre l'85% dei medici del territorio risulta fare un uso “esperto” dei fascicoli sanitari (84%) dove riceve i referti degli assistiti ricoverati in ospedale e i risultati degli esami di laboratorio e di saperli condividere con colleghi e specialisti del territorio (69%). Le prescrizioni online sono invece il 90% del totale. I portali telematici ci consentono di prendere appuntamento con il medico di famiglia e specialista (53%), di comunicare il nostro stato di salute a figure sanitarie (78%), di accedere alla nostra storia clinica nel FSE (78%). Manca invece una strategia di formazione del cittadino alla salute digitale (solo un 52% di intervistati la dà per disponibile). E manca la certificazione di un grado di conoscenza di sanità digitale tra studenti universitari. Carente il monitoraggio dei servizi di telemedicina (assente per teledermatologia e telepatologia) e di quelli pubblici di m-health, che consistono nel ricordare gli appuntamenti prenotati (80%), nei consulti telefonici (81%) e tele-monitoraggi (63%) mentre la verifica dell’aderenza ai trattamenti è ritenuta possibile solo da un 51% di intervistati. Preoccupa poi l'interoperabilità tra piattaforme: solo una Regione su due ha una strategia perché i dati delle proprie “banche” parlino con quelli dei database delle altre regioni.
Discorso a parte per il Fascicolo Sanitario Elettronico: i nostri portali regionali risulterebbero “più avanti” ad esempio di quelli dei Land tedeschi. Con i francesi, saremmo “il top”; tra l’altro ci penalizza che la foto del Rapporto Oms è stata scattata nel 2022, quando il FSE era disponibile solo nel 70% delle Regioni e solo il 59% strutture sanitarie poteva accedervi. Adesso siamo al 90% di queste potenzialità, e per di più in questi giorni Ministero della Salute e Regioni hanno varato il FSE 2.0. Se il fascicolo utilizzato dal 2012 in via sperimentale fino ad oggi era un ambizioso contenitore di referti, ricette, elenchi vaccinali, report di accessi in pronto soccorso, cartelle cliniche, piani terapeutici, l’attuale – regolato da decreto ministeriale del 7 settembre 2023 – consente in tutte le regioni ai cittadini l’accesso alla propria posizione con SPID o carta d’identità elettronica, e – in parallelo - un accesso rapido alle informazioni che il personale di pronto soccorso deve sapere in caso di emergenza sanitaria. Inoltre, accanto al patient summary a cura del medico di famiglia, è presente un taccuino personale dove l’assistito può inserire informazioni provenienti da contapassi, telefonino con controllo pulsazioni, saturimetro. I medici, specie quelli di famiglia, in teoria già adesso possono poi integrare previo consenso del paziente i dati anamnestici loro rilasciati con quelli del Fascicolo. Infine, da lunedì 22 aprile al 30 giugno il portale offre la chance ai cittadini italiani di opporsi all'inserimento automatico nel FSE di dati e documenti sanitari generati da eventi clinici riferiti alle prestazioni SSN precedenti al 19 maggio 2020. L’opposizione sarà possibile tramite il servizio "FSE - Opposizione al pregresso" consultabile al link: https://sistemats1.sanita.finanze.it/portale/documents/20182/102347/FSE+-+Opposizione+Pregresso+con+modalità+di+accesso+Ver+1.2+19042024.pdf/86edefe8-f7ed-2c5b-48d2-537a3de2d7c7