I
nuovi casi in Italia hanno subito un incremento del 115,7%, rispetto alla scorsa settimana. Dopo oltre tre mesi di decremento, si registra invece un'inversione di tendenza dei casi attualmente positivi (49.310 vs 40.649), delle persone in isolamento domiciliare (47.951 vs 39.364), dei ricoveri con sintomi (1.194 vs 1.128) e delle terapie intensive (165 vs 157). Unico dato che si conferma ancora in discesa è quello dei decessi, con una diminuzione del 27%. Questi i principali dati del monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe relativi alla settimana 14-20 luglio.
Un netto incremento dei nuovi casi che, secondo
Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, è anche «sottostimato» da «un'attività di testing insufficiente e dalla mancata ripresa del tracciamento dei contatti, reso ora più difficile dall'aumento dei positivi». «Dopo 14 settimane di riduzione degli indicatori ospedalieri - afferma
Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione Gimbe - si registra un'inversione di tendenza con lieve incremento dei ricoveri in area medica e in terapia intensiva, dove l'occupazione di posti letto da parte dei pazienti Covid rimane per ora molto bassa, intorno al 2%». In merito al dibattito sul green pass, Cartabellotta chiarisce che «può giocare un ruolo cruciale: è efficace nel limitare la circolazione del virus e permette il rilancio in sicurezza di alcuni settori, prevenendo il rischio di un ritorno a eventuali restrizioni». «Se Governo e Regioni intendono abbandonare il parametro dei contagi - conclude Cartabellotta - servono soglie molto basse per gli indicatori ospedalieri: non oltre il 5% di occupazione da parte di pazienti Covid-19 per le terapie intensive e il 10% per i ricoveri in area medica per rimanere in zona bianca. Se invece l'intenzione è quella di innalzare tali soglie, oltre ad accettare i rischi sopra descritti, bisogna mantenere tra i parametri di monitoraggio il numero dei casi per 100.000 abitanti, aumentando l'incidenza settimanale sopra i 50 casi per conservare la zona bianca e definendo un numero standard di tamponi per 100.000 abitanti per evitare comportamenti opportunistici».
La campagna vaccinale mantiene il ritmo di 550 mila somministrazioni al giorno, ma le prime dosi crollano al 15% e i vaccini a vettore adenovirale sono ormai sul viale del tramonto. Tra gli over 60 ben 2,2 milioni non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino e 1,8 milioni sono in attesa di completare il ciclo. «Il numero di somministrazioni giornaliere - precisa Cartabellotta - stabile ormai da settimane non decolla nonostante il potenziale organizzativo, per il mancato utilizzo dei vaccini a vettore adenovirale e la limitata disponibilità di quelli a mRNA». In particolare, Astrazeneca non viene più somministrato per le prime dosi, come dimostra il fatto che nell'ultima settimana il 99,3% delle somministrazioni sono stati richiami; le somministrazioni di Johnson & Johnson sono ormai sporadiche (nell'ultima settimana in media 3 mila al giorno); infine, non disponiamo di un numero di dosi di vaccini a mRNA sufficiente ad ampliare la platea dei vaccinandi.
«In questo scenario - spiega
Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe - continua a scendere la percentuale di prime dosi sul totale delle dosi somministrate: da oltre 2,9 milioni di prime dosi della settimana 7-13 giugno (74% del totale) sono precipitate a 583 mila della settimana 12-18 luglio (15% del totale), con una riduzione complessiva dell'80,3%».