Non è vero che non ci sono medici di famiglia nelle case di comunità. Queste ultime sono pronte, e i loro alfieri sono i medici di famiglia in gruppo. Che in molti casi sono pronti a trasformare i loro studi attrezzati in sedi di CdC “spoke”, di supporto agli ambulatori distrettuali trasformati a loro volta in “CdC hub”. Il tema è oggetto di un’interlocuzione dei sindacati medici a due livelli: il tavolo istituito al Ministero della Salute per la diagnostica e i tavoli degli accordi regionali. Questi ultimi in alcuni casi sono avanti. Da aprile in Liguria un accordo consente al medico di famiglia di effettuare agli assistiti diagnosi di primo livello (in particolare elettrocardiogrammi e spirometrie) retribuito dalla regione. A Milano il congresso provinciale ha tenuto un corso sulle nuove sfide dello studio convenzionato, ospiti i vertici nazionali. La città, dove è difficile convenzionarsi per gli alti costi, sta cambiando pelle, cresce il ruolo delle cooperative di medici nel dotare di strumentazione e locali la categoria. Già adesso, spiega Pozzi, venti medicine di gruppo tra Milano e provincia sono pronte ad offrire prestazioni in particolare nell’ambito del progetto di presa in carico del paziente cronico. Spaziano, dalla telemedicina –al momento erogata in libera professione, perché non ci sono ancora accordi con la Regione – a cardiologia e pneumologia. Spiega Anna Carla Pozzi, segretaria Fimmg Mi: «Se queste 20 medicine di gruppo si trasformassero in case di comunità spoke darebbero in convenzione holter pressorio e cardiaco, ecg, spirometrie. In tal modo taglieremmo le liste d’attesa; il cittadino con l’impegnativa del Servizio sanitario, per eseguire l’esame prescritto si rivolgerebbe al suo medico, vicino casa, anziché indirizzarsi al primo (magari lontano) centro specialistico disponibile. Con un vantaggio: una volta pronto il referto, sarebbe il medico curante, a dire all’assistito come sta, cosa dice quell’esame, come prosegue l’iter diagnostico-terapeutico, e non un professionista che vede il paziente “one spot”. In prospettiva ci stiamo attrezzando per offrire ecografie ed esami come il fundus oculi, esami strategici nell’ottica di ridurre le attese dei nostri pazienti cronici. Ma occorre una scommessa organizzativa e formativa». Intanto le medicine di gruppo si moltiplicano non solo nel Milanese ma a Milano città, lungo la circonvallazione: Dergano, Bovisa, Città Studi, Bicocca, Corvetto, Comasina, Niguarda, Quarto Oggiaro, Dergano, Cimitero Monumentale-Farini. «C’è un interesse enorme tra i giovani colleghi», dice Fiorenzo Corti vicesegretario Fimmg nazionale. «Da anni diciamo che le forme associative sono l’unica strada per venire incontro alle esigenze della popolazione. Con gli esodi dei colleghi anziani temevamo che i giovani non fossero interessati a portare avanti l’associazionismo. Invece ci sbagliavamo. Oggi le coop di servizio – due su tutte, CMMC-Cooperativa Medici Milano Centro e IML-Iniziativa Medica Lombarda– danno la chance di gestire studi associati, di fornire esami agli assistiti, addirittura ore dello specialista (cooptato per ora in libera professione e quindi pagato dal paziente ndr), presa in carico della cronicità. Per quest’ultima siamo in attesa che ATS Milano e regione riconoscano queste prestazioni nei Piani assistenziali individuali dei nostri assistiti e le remunerino». È in corso un dialogo con l’assessore al territorio Gianluca Marco Comazzi che potrebbe portare ad una rapida evoluzione: studi medici attrezzati come CdC “spoke”, a supporto della Casa di comunità “hub” super attrezzata che fatica al momento a trovare medici di famiglia.
Intanto a Roma il segretario nazionale Fimmg Silvestro Scotti partecipa al Tavolo Tecnico sulle apparecchiature di diagnostica di 1° livello previsto dalla Finanziaria 2020 che dotava i medici di famiglia e i pediatri del territorio di strumenti diagnostici con 235 milioni di stanziamento. Il decreto ministeriale 29 luglio 2022 prevede Regioni ed ASL acquistino l’attrezzatura e la forniscano ai medici. Solo in alternativa i medici stessi possono dotarsi di strumentazione. Qualcuno lo ha fatto. In Lombardia hanno avuto un ruolo centrale le coop di medici di famiglia. «La posizione del DG Programmazione del Ministero Americo Cicchetti è di attivare per questa diagnostica dinamiche di tipo “granulare”». Una posizione che appoggiamo - dice Scotti - a fronte di regioni che continuano a sostenere l’uso dei fondi per la diagnostica a beneficio di sole case di comunità “hub” spesso lontane fisicamente dai nostri assistiti, noi sosteniamo che il paziente deve recarsi dove è più vicino e che sia fondamentale valorizzare ciò che c’è, ovvero gli studi esistenti dei medici di famiglia. Il 10% della categoria si è dotato con le sue sole forze di strumenti con cui effettua esami che in genere non fa pagare ma che andrebbero portati nell’utilità pubblica. Il cittadino accederebbe ad una prestazione monitorata –il tavolo ha anche il ruolo di definire qualità dei processi e degli esiti – e retribuita dal Servizio sanitario. La lotta alle liste d’attesa ha bisogno di triage nelle cure primarie, di diagnostica che permetta una medicina di precisione, e della possibilità che – specie in zone disagiate – medico di famiglia e specialista si possano recare con apparecchi portatili anche a casa dei pazienti per l’esecuzione di visite, in modo tale che la presenza del medico di fiducia sia di supporto – pratico ma anche in ottica medico legale – all’intervento dello specialista».