La proposta della ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini di aumentare di 3.000 unità i posti disponibili al corso di laurea in Medicina per l’anno accademico 2025-2026 solleva forti critiche da parte della Federazione Cimo-Fesmed. Secondo il sindacato dei medici, il provvedimento rischia di creare una nuova ondata di disoccupazione tra i medici, aggravando il disallineamento tra formazione universitaria e reale fabbisogno del Servizio sanitario nazionale.
Nel dettaglio, con l’attuale tasso di laurea pari al 94%, nel 2031 si prevede l’ingresso di almeno 22.435 nuovi medici. Considerando i tempi della formazione specialistica, l’ingresso effettivo nel SSN avverrà tra il 2034 e il 2037. Nello stesso periodo, tuttavia, il numero di medici in pensione è destinato a calare drasticamente: da 14.918 nel 2025 a 4.864 nel 2040. Il rapporto tra nuovi iscritti a Medicina e pensionati passerebbe così da 1,5 a 4,9, con un potenziale surplus di oltre 220.000 medici tra il 2025 e il 2040.
“Stiamo rischiando di tornare a una nuova pletora medica – dichiara Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed – con effetti negativi su contratti, qualità del lavoro e fuga di giovani all’estero. Il numero di posti a Medicina non può essere frutto di logiche elettorali ma deve riflettere un’effettiva programmazione tra Università e Ministero della Salute”.
Secondo il sindacato, l’investimento medio per formare un medico si aggira sui 150.000 euro, una spesa pubblica che rischia di andare dispersa in assenza di un’efficace strategia di impiego e valorizzazione delle risorse professionali.