Le malattie della pelle possono rappresentare il primo segnale di un’infezione da Hiv. In oltre il 90% dei casi, i pazienti sieropositivi sviluppano una patologia cutanea prima della diagnosi o nel corso del trattamento. Lo evidenzia la Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse (Sidemast), che rilancia il ruolo centrale del dermatologo nella lotta all’Hiv in vista del Congresso Nazionale Sidemast - Special Edition 2025, in programma dal 18 al 21 giugno a Roma nell’ambito del XIV International Congress of Dermatology.
“Il dermatologo può intercettare l’infezione in fase iniziale – spiega Maria Concetta Fargnoli, vicepresidente Sidemast e direttore scientifico dell’IRCCS Istituto Dermatologico San Gallicano – contribuendo ad anticipare la presa in carico del paziente e riducendo i tempi tra comparsa dei sintomi e diagnosi”.
Alcune manifestazioni cutanee non sono specifiche dell’Hiv ma, se presenti in forma atipica, grave o resistente ai trattamenti, devono rappresentare un segnale d’allarme. Tra queste: eruzioni maculo-papulari, dermatite seborroica estesa, Hrpes zoster ricorrente o diffuso, scabbia refrattaria, candidosi orale ed esofagea, dermatofitosi estese e forme gravi di psoriasi.
“Il dermatologo è spesso il primo specialista a sospettare l’infezione – afferma Lidia Sacchelli, assegnista di ricerca al Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna – e può attivare subito l’iter diagnostico attraverso il test specifico per l’Hiv”. Sidemast propone per questo la creazione di una task force di dermatologi venereologi, con riconoscimento scientifico e capacità di coordinamento con infettivologi e altri specialisti.
Nonostante il ruolo crescente del dermatologo nella gestione dell’Hiv, restano criticità operative, a partire dalla mancanza di linee guida aggiornate che supportino l’identificazione tempestiva dei casi sospetti. “Servono strumenti e formazione mirata – continua Fargnoli – per accelerare la diagnosi e limitare l’evoluzione della malattia”.
L’allarme arriva in un contesto di ripresa dei contagi in Italia. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2023 sono stati notificati 2.349 nuovi casi di Hiv, con un’incidenza di 4 per 100.000 abitanti. Il dato segna un aumento rispetto al 2022, riportando l’attenzione ai livelli pre-pandemici dopo il calo registrato tra il 2012 e il 2020.