Oggi sembra scontato non fumare in luoghi pubblici al chiuso, ma fino a vent’anni fa era solo un’utopia. Il 10 gennaio 2005 ha segnato una rivoluzione storica per la sanità italiana con l’entrata in vigore della legge di “Tutela della salute dei non fumatori”, meglio conosciuta come Legge Sirchia. Voluta e promossa con determinazione dall’allora Ministro della Salute Gerolamo Sirchia, questa normativa pionieristica sanciva il diritto dei cittadini a vivere senza essere esposti al fumo passivo nei luoghi pubblici. “La legge Sirchia ha segnato un cambio di paradigma”, afferma Giulia Veronesi, direttrice dell’Unità Operativa di Chirurgia Toracica presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele e membro del Comitato scientifico per la lotta al fumo della Fondazione Veronesi, sul “Magazine della Fondazione Umberto Veronesi”. “Ha sancito il diritto alla salute come prioritario rispetto agli interessi delle lobby del tabacco. È stata la prima legge di questa portata in Europa, un atto di grande coraggio politico che ha mostrato come la politica possa essere forte e indipendente quando guidata da principi giusti”, sottolinea.
Nonostante le accese opposizioni iniziali, che paventavano il collasso del settore della ristorazione e un’ondata di proteste sociali, la legge si rivelò un successo. I fumatori si adeguarono rapidamente, e i luoghi pubblici si trasformarono in spazi più sani e vivibili. Oggi, quella che era vista come un’imposizione è considerata una norma di civiltà condivisa. Secondo Veronesi, gli effetti positivi della legge sono stati significativi: “Abbiamo assistito a una riduzione dell’esposizione al fumo passivo e a un progressivo calo dei fumatori attivi. Tuttavia, con l’avvento di nuovi prodotti del tabacco e la pandemia di Covid-19, il tasso di fumatori in Italia è risalito al 24% tra gli adulti”. Ma il peso del fumo sulla salute e sui sistemi sanitari rimane grave: circa 70.000 morti l’anno, di cui 30.000 per tumore al polmone, e costi pubblici che superano i 2,5 miliardi di euro solo per il trattamento di questa malattia. Nonostante i progressi, Veronesi sottolinea la mancanza di una politica strutturata e lungimirante per il contrasto al fumo. “L’Italia è indietro rispetto alle raccomandazioni dell’OMS. Le misure più efficaci – come l’aumento dei prezzi delle sigarette, divieti pubblicitari, campagne informative e programmi per la disassuefazione – non sono state attuate in modo sistematico”. Alcune iniziative recenti, come lo screening del tumore polmonare con TC a basso dosaggio raccomandato dall’Unione Europea, rappresentano passi avanti significativi, ma restano ancora progetti isolati.
Cosa serve per proseguire sulla strada della prevenzione? Veronesi non ha dubbi: “Investire in prevenzione è essenziale. Aumentare le accise sul tabacco, avviare programmi di screening per i fumatori e rafforzare le campagne di sensibilizzazione sono passi imprescindibili”. Un segnale positivo arriva dalla Regione Lombardia, che avvierà nel 2025 un programma di screening per il tumore polmonare rivolto ai forti fumatori. “È una strada che dovrebbe essere seguita a livello nazionale”, conclude Veronesi. Dal 1° gennaio a Milano, inoltre, con l'eccezione delle sigarette elettroniche, il divieto di fumo è stato esteso "a tutte le aree pubbliche o ad uso pubblico incluse le aree stradali", con l'eccezione di "luoghi isolati dove sia possibile il rispetto della distanza di almeno 10 metri da altre persone".
Anna Capasso