Il servizio sanitario ha iniziato ad assumere (o meglio, ingaggiare) medici stranieri, di provenienza extra-comunitaria. Ma a tutela della qualità deve varare regole certe sul riconoscimento dei loro titoli. È un aspetto sul quale Pierino Di Silverio segretario nazionale dei medici ospedalieri di Anaao Assomed, richiama governo e regioni. Le norme sono cambiate nel 2020 per l’arrivo del Covid che ha richiesto personale negli ospedali. Fino ad allora, il professionista formato fuori dall’Unione Europea per lavorare in Italia doveva attendere l’ok del ministero della Salute e doveva superare un esame di italiano all’ordine ed un eventuale minicorso compensativo in caso di lacune didattiche nella formazione ricevuta all’estero. E il SSN non assumeva senza la cittadinanza in Italia. Da marzo 2020 il decreto Cura-Italia consente ingaggi di medici stranieri in libera professione nelle strutture pubbliche. E fa saltare il passaggio del riconoscimento ministeriale lasciando il test di italiano come condizione per iscriversi all’ordine ed essere ingaggiati sulla base di requisiti dichiarati equipollenti nel paese di origine. Nel 2023, il decreto-legge “bollette” (numero 34) ha prolungato a tutto il 2025 questo regime straordinario. Ora è all’approvazione della conferenza stato-regioni un’intesa che rimette dei paletti, ma ci sono resistenze. La bozza dispone in ogni regione l’adozione di elenchi speciali straordinari dei professionisti stranieri assunti dopo il 2020, per ciascun albo professionale, e crea un nuovo controllo preventivo, a carico di commissioni integrate da un rappresentante ordinistico, con composizione distinta per ciascuna professione. Per essere inseriti negli elenchi straordinari, oltre alla conoscenza della lingua italiana attestata dall’ordine, serviranno un titolo di studio con qualifica equipollente e l’attestato di corrispondenza rilasciato dall’ambasciata o dal consolato italiano nel paese di provenienza; e servono i “good standings”, attestati di onorabilità che informano dell’inesistenza di procedimenti penali in capo al richiedente. Serve infine il permesso di soggiorno o il visto. L’intesa non si applica però nelle regioni che hanno concluso accordi con gli stati di origine dei medici e degli infermieri assunti come la Calabria con Cuba.
Di Silverio ricorda che sull’intesa la Conferenza Stato-Regioni deve decidere e siamo ad un anno di distanza dall’entrata in vigore del decreto bollette, che invece chiedeva decreti attuativi a tre mesi dalla conversione. Oggi, «nelle more dell’adozione dell’intesa si applica ancora l’attuale regime di deroga risalente al periodo emergenziale Covid», dice il Segretario Anaao Assomed. «Il professionista comunica all'Ordine competente l'ottenimento del riconoscimento in deroga da parte della regione interessata, la denominazione della struttura sanitaria a contratto con il Ssn dove opera, e le successive variazioni. In pratica una autodichiarazione». Al contempo varie voci sottolineano come al Servizio sanitario serva personale subito. Foad Aodi presidente Associazione Medici Stranieri in Italia ritiene che gli accordi tra regioni e stati esteri abbiano snellito i tempi per disporre di personale in strutture altrimenti vuote, avvicinando l’Italia a standard offerti in altri sistemi sanitari europei. «La politica– ha dichiarato Aodi a Doctor33 – deve capire che ci guadagna se proroga il Decreto Cura Italia oltre la scadenza del 31 dicembre 2025 eliminando l’obbligo della cittadinanza per sostenere i concorsi per entrare nel Ssn». Per Di Silverio invece il rigore nelle iscrizioni agli elenchi si impone «in ragione del bene tutelato, cioè la salute dell'individuo. Anche il nominativo del professionista con titolo conseguito all’estero deve far parte di un apposito elenco, tenuto presso il Ministero della salute ed aggiornato annualmente, che riconosca titoli abilitanti ovvero determinati titoli per i quali non vi è ancora un ordine o un collegio. Tutti hanno il diritto costituzionalmente riconosciuto ad essere curati e a conoscere da chi vengono curati!»
Il segretario Anaao Assomed nota infine che, in parallelo al reclutamento di medici dall’estero, è in atto la fuga dei medici italiani verso l’estero. «sono più di 10000 in tre anni (dati Onaosi e Censis). Occorre immediatamente rendere la professione vivibile ancor prima che appetibile. Le parole d’ordine sono retribuzioni, carriere, tempo e sicurezza».