
«Bisogna essere molto realistici. Scarterei sia le esplosioni nucleari, sia le cosiddette bombe sporche che arrivano e scaricano radioattività. L'unico scenario ipotizzabile è quello legato alla fuoriuscita di materiale radioattivo da una centrale nucleare. Ma anche in questo caso, devono verificarsi una serie di circostanze affinché questo divenga dannoso per l'Italia, ad esempio».
Lorenzo Bianchi, membro Commissione Relazioni Esterne e Ufficio stampa di AIFM (Associazione Italiana di Fisica Medica) chiarisce su Doctor33 alcuni punti in merito all'allarme nucleare che dall'inizio della guerra in Ucraina viene spesso rilanciato.
«Intanto - precisa Bianchi - serve che ci siano condizioni meteorologiche tali per cui la nube che si sprigiona parecchie centinaia di chilometri lontano dall'Italia, venga spinta nelle nostre zone. Poi, perché la radioattività sia piuttosto dannosa, la nube dovrebbe sostare oppure dovrebbero esserci delle precipitazioni come nel caso di Chernobyl nell'86. Quindi è piuttosto difficile che tutte queste condizioni si verifichino insieme. Qualora anche si verificassero, abbiamo tutto il tempo a disposizione perché ci si attrezzi per distribuire lo iodio mancante a partire dalle fasce più a rischio, i bambini ad esempio. Ad ogni modo sarebbe fondamentale ascoltare quanto ci verrebbe detto dalle autorità competenti senza inutili allarmismi e corse».
Se tutte queste condizioni dovessero, però, verificarsi «Le indicazioni da dare alla popolazione sono quelle di chiudersi in casa per aspettare che la nube vada via. Poi, ovviamente, nel caso più sfortunato, ovvero in caso di precipitazioni che fanno cadere a terra lo iodio, dovremmo tenere presente l'inquinamento del sistema fognario. In caso di ricaduta sul terreno, bisognerebbe sicuramente evitare la verdura a foglia larga ed evitare che il bestiame mangi foraggio fresco. Dopodiché grazie alla rete di monitoraggio di Arpa si avrebbe modo di sapere a livello centrale cosa succede su tutto il territorio. E quindi avere una mappatura».
Bianchi sottolinea che lo iodio 131 dimezza la sua attività in 8 giorni, dopo 16 giorni ne resta un quarto e così via. «Successivamente bisogna gestire il possibile Radiocesio che potrebbe aver contaminato le nostre zone con misure di monitoraggio ambientale tenendo presente che il radiocesio, o cesio 137, resta fino a 30 anni e poi inizia a dimezzare la sua attività. Nel caso di Chernobyl avevamo una geografia territoriale molto disomogenea».
Bianchi ricorda, poi, che secondo stime fatte nel ventennio post Chernobyl «L'aumento di dose media aggiuntiva rispetto a quella che ciascuno di noi prende già per via delle radiazioni naturali è stata dell'ordine di 0,3/0,6
milliSievert. Ogni anno in Italia la dose da radiazione naturale è di 3 milliSievert circa. In un ventennio ne assorbiamo 60. Quindi è difficile sostenere che si siano avute delle ricadute importanti sulla salute. I dati ci dicono che l'incidenza dei tumori tiroidei è stata zero, ad esempio».
Rossella Gemma