
Gli italiani sanno che da anziani dovranno affrontare la non autosufficienza e vorrebbero già da giovani prepararsi un futuro sereno, con dall'altra parte un sistema di strutture capace, flessibile, accessibile e in grado di comunicare le proprie qualità.
Ma in Italia alla Long Term Care manca personale, gli infermieri dovrebbero crescere di un 26%, i medici di un 18%, gli operatori sociosanitari di un 13%. E non è facile perché nel 2020 il settore si è contratto perdendo un 6,2% del fatturato in epoca Covid-19. Sono i dati principali emersi alla presentazione del 4° rapporto di Cergas Bocconi ed Essity sullo stato dell'assistenza agli anziani in italia, che dà voce ai più rilevanti gestori italiani del settore Long Term care. Il Rapporto rileva che le carenze tra infermieri ed Oss non sono causate solo dalle relativamente poche assunzioni, ma anche dalla confliggenza tra prospettive di carriera come infermieri e come Oss. I gestori di RSA intervistati dichiarano di vivere una situazione critica nella gestione del loro personale a causa di carenza di vocazioni in Italia (94%), di poca motivazione (56%) e dei casi di burn out (38%).
Il ministro della Salute
Roberto Speranza in audizione alla Camera ha annunciato, anche grazie al a Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'assunzione nel servizio sanitario di 27 mila nuovi infermieri, si tratta secondo le rilevazioni sulla forza lavoro Istat al 2016 del 9% degli infermieri occupati nei servizi ospedalieri. Ma ci vorrebbero altri 12-13 mila ingaggi nelle Rsa, dove attualmente gli infermieri occupati sono 30 mila. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza può aiutare, ma come "agganciarlo"? Il rapporto racconta 24casi di successo da cui emerge che non solo il personale ma anche i sistemi informativi giocano un ruolo chiave nelrafforzare l'organizzazione e nello sperimentare nuove modalità dipresa in carico di demenze e Alzheimer e nuovi modelli di servizio. Le innovazioni in questione per due terzi degli intervistati del settore possono allargarsi se ci sono competenze interne e per il 56% se si dispone di dati e sistemi di monitoraggio.
In parallelo, l'indagine evidenzia che il rischio di non autosufficienza inizia a essere considerato già da giovani e organizzarsi per tempo diventa sempre più una priorità per gli italiani. Sono stati in questo caso intervistati soggetti con età media di 37 anni, e il 54% del campione si dice pronto a organizzarsi in anticipo per far fronte al rischio di non autosufficienza e ad adottare misure di prevenzione.Ma attenzione: punti di riferimento in materia sono il mondo della sanità e il passaparola, mentre i gestori del settore sociosanitario non hanno una forza comunicazionale comparabile. «Da anni ribadiamo che il settore LTC deve essere protagonista di un cambiamento, sia a livello di sistema che di servizi offerti.
Oggi abbiamo anche i dati sulle percezioni delle famiglie, pronte per una diversa visione dell'assistenza», riassume
Elisabetta Notarnicola, Associata di Government, Health e Not for Profit di SDA Bocconi School of Management e coordinatrice del Rapporto. «Le condizioni di contesto sono favorevoli, ci sono maggior dinamismo e più possibilità di investimento rispetto al passato, anche grazie al PNRR. Le aziende del settore stanno provando a innovare, ma come possiamo pensare che si riesca ad innovare se scarseggia il fattore critico di successo principale, ovvero il personale?». Per
Massimo Minaudo AD Essity Italia l'assistenza ai non autosufficienti dovrebbe diventare una priorità per il Paese «alla luce dell'interesse verso il tema della non autosufficienza da parte di persone sempre più giovani».