«Oggi nelle disposizioni sui lavori usuranti, gli infermieri rientrano solo in via residuale tra la generalità dei lavoratori notturni, e quelli che ne beneficiano in concreto sono pochi - ha spiegato Carmelo Gagliano, componente del Comitato centrale Fnopi e presidente dell'Ordine di Genova - l'attività usurante viene riconosciuta solo nei casi in cui i dipendenti prestino servizio per almeno 6 ore del periodo notturno e per un minimo di 78 notti ogni anno. Sono poi considerati come usuranti anche quei lavori in cui l'impiego nella fascia 24-5 è di sole 3 ore, ma per un periodo di lavoro pari all'intero anno lavorativo». La pandemia, ha fatto presente l'esperto, «dovrebbe aver allontanato ogni dubbio circa il lavoro su turni, spesso inesistenti per il protrarsi dell'attività accanto agli assistiti". Ma "ormai da anni (e ben prima del 2011) gli infermieri sono chiamati a svolgere un'attività sempre superiore a quella dettata dai normali turni di lavoro, come dimostrano anche le somme erogate dalle singole Regioni per straordinari a partire dal 2009, legata alla carenza di organici che non può essere risolta a breve termine».
Fra i dati portati in Commissione una ricerca del Cergas Bocconi che ha certificato come l'11,8% degli organici di Asl e ospedali - e tra questi il 16% circa degli infermieri in servizio - presenti inidoneità fisiche che ne limitano la mansione svolta e di questi il 7,8% presenti inidoneità parziali permanenti.
Covid ha esacerbato un'attività già difficile e pesante, spiegano dalla Fnopi. Agli infermieri sono state richieste competenze per far fronte da un lato alle esigenze delle terapie intensive, dall'altro dell'assistenza ai malati Covid sul territorio e, dall'altro ancora, a quelle dei malati non Covid sempre sul territorio, ma anche in ospedale. Tutto questo, evidenziano i rappresentanti degli Ordini, "ha portato burnout e stress psico-fisico: durante COVID-19 queste sintomatologie hanno colpito tra il 30 e il 50% degli operatori sanitari e a fine pandemia possono lasciare tracce indelebili", si legge in una nota diffusa al termine dell'audizione.
Un altro elemento emerge da una recente ricerca svolta in Emilia-Romagna che indica che su 2.439 casi di malattie professionali denunciate nella regione nel periodo posto in osservazione, la maggior parte dei casi riguarda lavoratori per l'88% di sesso femminile, di età superiore ai 50 anni (76%) e gli infortunati svolgono prevalentemente il lavoro di infermiere (32%). "Per non parlare della violenza (fisica o verbale) che ha coinvolto finora l'89% degli infermieri", dice la Fnopi. «Non si può utilizzare il mero parametro nel numero di turni di notte effettuati nell'arco dell'anno - conclude Gagliano - come prevede ora la legge: prestare servizio per 10 ore di notte in condizioni massima allerta, in un servizio di rianimazione o ad un tavolo operatorio, dove ogni istante l'allarme di un respiratore automatico può richiedere un immediato intervento salvavita, non è come essere adibiti ad una catena di montaggio. Gli infermieri sono responsabili di vite umane e questo, come ormai tutti dovrebbero sapere, non è davvero un compito solo 'gravoso'».