Covid, Peris (Sidemast): telemedicina e collaborazione con territorio fondamentali per i reparti di dermatologia
Nella fase iniziale della pandemia «molti servizi sono stati chiusi perché molti medici sono stati dirottati nei reparti Covid», nella fase successiva «c'è stata una riorganizzazione migliore». A raccontare la situazione d'emergenza vissuta dai reparti di dermatologia quando è scoppiata la pandemia da Covid-19 è Ketty Peris, presidente della Società italiana di dermatologia - Sidemast e professore ordinario di Dermatologia - direttore Uoc Università Cattolica - Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Irccs. In un'intervista a Doctor33, l'esperta ha osservato che a causa della pandemia, dei timori di essere più suscettibili alla malattia e alla difficoltà di essere assistiti, «una percentuale di pazienti ha interrotto la terapia, parliamo di pazienti affetti da patologie croniche come la psoriasi, la dermatite atopica, mentre invece chi non ha mai interrotto la continuità assistenziale sono stati i pazienti oncologici».
«Chi faceva una terapia a casa per psoriasi o per dermatite atopica o idrosadenite, è stato visto che corrisponde ad una percentuale variabile che arriva massimo al 20%, ha sospeso il trattamento. Un po' per loro iniziativa, un po' perché magari era stato suggerito dal medico di base. Una percentuale inferiore, invece, ha deciso di allungare i tempi di terapia sempre di propria iniziativa. Tutto questo nasceva dal fatto che il paziente aveva timore di essere più suscettibile a sviluppare il covid e quindi non avendo dati, non avendo particolari notizie, un po' di pazienti ha fatto un fai da te della gestione». Peris evidenzia che, in ogni caso, «sono sempre state garantite le visite e gli accessi a coloro che erano affetti da forme acute e gravi così come sono stati messi in atto una serie di accorgimenti tipo: l'allungamento del piano terapeutico, la possibilità di sentire il paziente che era in una fase di stabilità solo per la verifica delle analisi di indagini, mantenendo, quindi, il contatto con il paziente». La pandemia, però, è stata anche l'occasione per testare la telemedicina, un servizio che «può cambiare e agevolare il nostro sistema sanitario», dichiara Peris. «Se un paziente, che è in condizioni stabili e senza molte comorbidità, potesse far riferimento ad uno strumento alternativo che può essere la telemedicina oppure l'allungamento di piano terapeutico, sarebbe un piacere che faremo ai pazienti che non necessitano di venire in ospedale e daremo anche la possibilità agli specialisti di visitare più persone che invece ne hanno realmente bisogno».
La dermatologa evidenzia l'importanza di garantire l'accesso negli ospedali «ai pazienti più gravi, che hanno diverse comorbidità. Affetti, ad esempio anche da obesità, patologie cardiovascolari associate alle malattie cutanee perché le malattie della pelle non sono mai patologie solo della pelle e che i casi gravi si associano sempre ad una complessità di altre patologie che necessitano di una interdisciplinarietà e di una multidisciplinarietà». È per questo che Peris sostiene: «Dobbiamo garantire a quel tipo di pazienti la cura più adeguata e più individuale, mettendo insieme diverse competenze facendo e in modo che non questo stesso paziente non abbia complicanze». «È giusto - conclude - che quando c'è la possibilità di far riferimento ad altri mezzi, vengano utilizzati. Sono sempre stata favorevole a questo rapporto con gli specialisti del territorio non siamo due mondi diversi dovremmo essere una continuità reale».
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