Nel 2024 il 9,9% della popolazione ha dichiarato di aver rinunciato a cure o prestazioni sanitarie a causa di difficoltà di accesso al sistema. Si tratta di 5,8 milioni di persone, rispetto ai 4,5 milioni del 2023, quando la quota si attestava al 7,6%. I dati emergono dalla relazione illustrata dal presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, nel corso dell’audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla Manovra.
La motivazione prevalente della rinuncia è rappresentata dalle liste di attesa, indicate dal 6,8% della popolazione. La quota è cresciuta in modo significativo negli ultimi anni: era pari al 4,5% nel 2023 e al 2,8% nel 2019. L’impatto è più pronunciato tra gli adulti tra 45 e 64 anni (8,3%) e gli anziani over 65 (9,1%).
Il fenomeno risulta inoltre più frequente tra le donne: il 7,7% ha dichiarato di aver rinunciato a cure a causa delle liste di attesa, valore che sale al 9,4% tra le donne di 45-64 anni e al 9,2% tra quelle con più di 65 anni.
Le difficoltà economiche e la scarsa accessibilità delle strutture contribuiscono allo stesso fenomeno, sebbene con incidenza minore rispetto ai tempi di attesa. La distribuzione sul territorio evidenzia valori relativamente omogenei: nel 2024 la rinuncia per liste d’attesa ha interessato il 6,9% dei residenti nel Nord, il 7,3% nel Centro e il 6,3% nel Mezzogiorno. Tuttavia, rispetto al 2019, l’aumento è significativo in tutte le aree: cinque anni fa la quota era pari al 2,3% nel Nord, 3,3% nel Centro e 3,1% nel Mezzogiorno.
Istat segnala quindi una tendenza crescente della rinuncia alle cure correlate ai tempi di accesso, con un impatto maggiore nelle fasce di popolazione più esposte per età e condizioni socioeconomiche.