“Oggi circolano analisi che raccontano un presunto definanziamento della sanità, ma i numeri dicono tutt’altro: dal 2022 al 2026 il Fondo sanitario nazionale crescerà di quasi 18 miliardi, fino a 142,9 miliardi”. Il ministro della Salute Orazio Schillaci sceglie le colonne del Sole 24 Ore per replicare alle critiche sui finanziamenti al Ssn previsti nella manovra 2026, denunciando “comparazioni improprie” tra aggregati diversi di spesa e “distorsioni ideologiche” che, sostiene, rischiano di alimentare un dibattito poco aderente alla realtà dei conti pubblici.
Il ministro ribadisce che il confronto tra la spesa sanitaria programmata nei documenti di finanza pubblica e il Fondo sanitario nazionale è metodologicamente scorretto: due grandezze diverse, non comparabili. Guardando ai dati reali, nel 2026 il Fsn raggiungerà 142,9 miliardi rispetto ai 125 miliardi del 2022. Per il solo 2026 è previsto un aumento complessivo di 7,4 miliardi: quasi 5 miliardi già stanziati con la precedente legge di Bilancio – destinati ad aggiornamento tariffe ospedaliere, indennità del personale, piano pandemico e liste d’attesa – e ulteriori 2,4 miliardi inseriti nella manovra attuale. Schillaci sottolinea poi la necessità di leggere correttamente gli indicatori internazionali. Sul rapporto spesa sanitaria/Pil chiarisce la natura congiunturale del dato, ricordando come Francia e Germania possano contare su un Pil più elevato. L’unico modello davvero paragonabile all’Italia, secondo il ministro, sarebbe quello britannico.
Quanto alle Regioni, Schillaci richiama l’attenzione sull’efficienza nell’utilizzo delle risorse: “Un quarto dei fondi per l’abbattimento delle liste d’attesa tra il 2022 e il 2024 non è stato speso per lo scopo previsto o è rimasto inutilizzato”. E avverte: se alcuni territori registrano disavanzi, non è sufficiente chiamare in causa i livelli di finanziamento statale. La sanità italiana, conclude il ministro, “ha bisogno di investimenti crescenti, questo è indubbio. Ma ha anche bisogno di efficienza e appropriatezza. Chi governa non può permettersi la demagogia: i conti devono essere reali, non immaginari. E quando vengono fatti, i risultati sono misurabili e verificabili. Il resto è rumore di fondo”.