Un’infezione urinaria può aumentare il rischio di infarto miocardico e ictus ischemico, in particolare nei giorni immediatamente successivi all’evento infettivo. È quanto emerge da uno studio pubblicato su BMJ Open, che evidenzia una relazione temporale significativa tra infezioni delle vie urinarie (UTI) microbiologicamente confermate ed eventi cardiovascolari maggiori.
L’analisi ha utilizzato un disegno di tipo self-controlled case series, analizzando pazienti residenti in Galles, di almeno 30 anni, con un primo episodio di infarto (n = 2.320) o ictus ischemico (n = 2.840) e una UTI confermata tra il 2010 e il 2020.
Il rischio è stato calcolato nei 7 giorni precedenti la diagnosi e in quattro intervalli successivi all’infezione: 1-7, 8-14, 15-28 e 29-90 giorni, confrontandolo con il rischio individuale basale.
Per l’infarto, il rischio è risultato elevato nei giorni 1-7 e 15-28 dopo l’UTI; per l’ictus, l’incremento è stato osservato nei giorni 1-7 e 29-90. In entrambi i casi, il picco di rischio si concentra nella prima settimana.
L’analisi ha incluso anche pazienti con UTI sospetta ma non confermata in coltura. In questi sottogruppi, l’incidence rate ratio (IRR) per infarto nei primi 7 giorni variava da 1,26 (in presenza di crescita batterica mista) a 3,69 (in assenza di crescita batterica). Il rischio di ictus era aumentato in tutti i sottogruppi, indipendentemente dalla coltura.
Un’ulteriore analisi stratificata ha valutato l’effetto del tipo di patogeno. Le infezioni da Escherichia coli sono risultate associate a un rischio inferiore di infarto, ma a un rischio più elevato di ictus rispetto ad altri batteri.
«Abbiamo osservato un aumento del rischio di infarto e ictus immediatamente dopo un’infezione urinaria», concludono gli autori.
I risultati suggeriscono la necessità di maggiore attenzione clinica nei pazienti con UTI, in particolare nei soggetti a rischio cardiovascolare. Gli autori raccomandano un monitoraggio attivo nelle settimane successive all’infezione, ipotizzando possibili ricadute anche nella prevenzione secondaria.
Fonte:
https://bmjopen.bmj.com/content/early/recent