L’ipertensione arteriosa resta una delle principali minacce alla salute globale: nel 2024 ne soffrivano 1,4 miliardi di persone, ma appena il 20% circa riusciva a tenerla sotto controllo con terapie farmacologiche o modifiche dello stile di vita. A lanciare l’allarme è il secondo Global Hypertension Report dell’OMS, presentato durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite insieme a Bloomberg Philanthropies e Resolve to Save Lives.
Secondo il documento, l’ipertensione è responsabile di oltre 10 milioni di morti ogni anno, principalmente per ictus, infarto, insufficienza renale cronica e demenze. “Ogni ora oltre mille vite si perdono per eventi cardiovascolari legati a ipertensione non controllata, e la maggior parte di questi decessi è prevenibile”, ha ricordato il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus.
L’analisi, condotta in 195 Paesi, mostra che in 99 nazioni i tassi di controllo sono ancora sotto il 20%, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito. Qui il problema riguarda sia la prevenzione (con politiche deboli su dieta, fumo, alcol, inattività fisica e consumo di sale), sia l’accesso a diagnosi e trattamenti. Solo il 28% dei Paesi a basso reddito dichiara di avere disponibili in farmacia o nei servizi di base tutte le terapie antipertensive raccomandate dall’OMS, contro il 93% dei Paesi ad alto reddito.
“Farmaci efficaci, sicuri e a basso costo esistono, ma troppe persone non vi hanno accesso. Colmare questo gap può salvare milioni di vite e miliardi di dollari ogni anno”, ha commentato Tom Frieden, presidente di Resolve to Save Lives.
Non mancano però segnali incoraggianti. Il Bangladesh ha portato il controllo pressorio dal 15% al 56% in alcune aree grazie all’inserimento della terapia antipertensiva nel pacchetto essenziale dei servizi sanitari e a un potenziamento dello screening. Le Filippine hanno applicato a livello nazionale il pacchetto tecnico WHO HEARTS per la gestione delle malattie cardiovascolari. La Corea del Sud, grazie a riforme che hanno abbattuto i costi delle terapie e limitato le spese a carico dei pazienti, ha raggiunto un tasso di controllo del 59% nel 2022.
Il report invita tutti i Paesi a integrare la gestione dell’ipertensione nei programmi di copertura sanitaria universale e nella medicina di base, garantendo protocolli standardizzati, continuità assistenziale, formazione dei team territoriali e disponibilità regolare di farmaci.
“Con volontà politica, investimenti e riforme mirate possiamo cambiare la storia dell’ipertensione e ridurre il peso delle malattie cardiovascolari a livello globale”, ha concluso Ghebreyesus.