Nel nostro Paese ci sono oltre 10mila pazienti candidabili alla TAVI (sostituzione transcatetere di valvola aortica) in lista d’attesa. Con circa 13mila interventi eseguiti nel 2024, dato in stallo rispetto all’anno precedente, oltre 10mila pazienti italiani candidabili alla procedura rimangono fuori. Inoltre, la ripartizione geografica delle procedure TAVI nel 2024 mostra una persistente disparità regionale.
Sono questi alcuni dati che sono emersi al congresso della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) di Milano.
“La TAVI è una procedura minimamente invasiva che permette di sostituire una valvola aortica malata senza ricorrere alla chirurgia a cuore aperto – dichiara Francesco Saia, presidente GISE –. È diventato un trattamento consolidato e salvavita per i pazienti con stenosi aortica sintomatica grave, eseguito in massima parte dai Cardiologi Interventisti nei Laboratori di Emodinamica diffusi su tutto il territorio nazionale. Negli ultimi anni, i progressi tecnologici e l’aumentata esperienza degli operatori hanno reso la procedura ancora più sicura, riducendo drasticamente le complicazioni, rafforzandone il ruolo di prima scelta nella maggior parte dei pazienti con stenosi valvolare aortica”.
Per risolvere le attuali criticità, sono al vaglio diverse ipotesi, tra cui quella che dei pazienti accuratamente selezionati possano essere trattati in modo sicuro ed efficace anche in ospedali senza cardiochirurgia in sede. Su questi aspetti, i ricercatori italiani sono in prima linea con due studi: il registro multicentrico TAVI AT-HOME e lo studio internazionale TRACS, parzialmente finanziato dal Ministero della Salute. Se confermata, si potrebbero attenuare le attuali disparità di accesso e ridurre i tempi di attesa che mettono a rischio la vita dei pazienti. Una soluzione tanto più importante ora, dal momento che le nuove linee guida ESC/EACTS 2025 hanno abbassato a 70 anni la soglia di età per la TAVI e ne raccomandano l’impiego anche nei pazienti asintomatici con stenosi severa.
D’altro canto, le linee guida internazionali, anche le più recenti, raccomandano che la TAVI sia eseguita solo in centri con cardiochirurgia in sede. “Questa pratica, fondata sulla prudenza, ha permesso lo sviluppo di questa terapia in assoluta sicurezza– spiega Alfredo Marchese, presidente eletto GISE –. Ma la domanda di procedure a breve supererà la capacità attuale dei centri specializzati, portando a liste d’attesa prolungate con un aumento del rischio di morte o di ricovero per insufficienza cardiaca”.
Gli studi condotti in Italia, propongono un’attenta selezione dei pazienti da parte di un Heart Team, cioè di un'équipe multidisciplinare di specialisti, e una pianificazione meticolosa della procedura, in modo da minimizzare i rischi e rendere la TAVI accessibile a più persone. I ricercatori ipotizzano che un percorso TAVI gestito da un team di cardiologi interventisti esperti in un centro senza cardiochirurgia in sede non sia inferiore al percorso tradizionale. Lo studio coinvolgerà 566 pazienti con stenosi aortica grave, considerati inoperabili o ad alto rischio chirurgico. Questi pazienti saranno assegnati casualmente a uno dei due gruppi: TAVI in un centro con chirurgia cardiaca in loco o in un centro senza.
“Gli obiettivi dello studio sono chiari: il primo è di valutare il tasso di decesso per tutte le cause, ictus e riammissione in ospedale per cause cardiovascolari a un anno dalla procedura – spiega Saia –. Il secondo è di verificare il numero di decessi dovuti a complicazioni periprocedurali che avrebbero richiesto un intervento chirurgico d’urgenza. Se i risultati dello studio confermeranno le premesse, si potranno aprire nuove strade per l'assistenza sanitaria – concludono Saia e Marchese –. La possibilità di eseguire la TAVI in un maggior numero di ospedali potrebbe: ridurre i tempi di attesa, migliorare l'accesso ai pazienti che vivono lontano dai grandi centri specializzati e liberare risorse, consentendo ai centri con chirurgia in loco di concentrarsi su casi più complessi”.