Governo e Parlamento
Prestazioni sanitarie
16/04/2025

Ddl prestazioni, via libera in Senato. Ecco gli interventi principali e le reazioni

Nursind: “Scongiurato lo stop agli infermieri”. CIMO-FESMED attacca: “L’atto medico non si tocca”. Fnomceo: “Occasione persa per semplificare i piani terapeutici”

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Il Senato ha approvato in prima lettura il disegno di legge sulle prestazioni sanitarie, collegato al decreto liste d’attesa, con un pacchetto di misure che ambisce a razionalizzare e migliorare l’accesso alle cure, la qualità dell’assistenza e la governance del Servizio sanitario nazionale (SSN). Il provvedimento, collegato al decreto sulle liste d'attesa e licenziato da Palazzo Chigi nel giugno 2024, passa ora all’esame della Camera. Ma se il testo ottiene il plauso per l’introduzione di nuovi strumenti di governo e monitoraggio, le polemiche non mancano: dalle competenze professionali ai nodi contrattuali, il mondo sanitario si mostra tutt’altro che unito.

Tra le principali novità, l’introduzione del Sistema nazionale di governo delle liste di attesa (Singla), una nuova cabina di regia nazionale incaricata di coordinare la domanda e l’offerta di prestazioni sanitarie, vigilare sull’appropriatezza e contribuire alla riduzione dei tempi d’attesa. Il ddl prevede anche un registro online delle segnalazioni dei cittadini, per intercettare tempestivamente criticità e disservizi sul territorio. In un’ottica di presa in carico più efficace e personalizzata del paziente, il testo inserisce un indicatore sull’aderenza terapeutica tra i criteri di valutazione dell’assistenza sanitaria. Inoltre, viene formalizzato l’uso della telemedicina per i certificati di malattia, parificando le visite a distanza a quelle in presenza – una misura che modernizza e semplifica le procedure, specie nelle aree interne o in condizioni emergenziali. Tra gli articoli più significativi, anche la previsione che il Ministero della Salute emani linee guida nazionali per uniformare i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) oncologici, e uno stanziamento da 1 milione di euro per l’estensione dello screening mammografico.

A salutare positivamente l’intervento normativo è Andrea Bottega, segretario nazionale di Nursind, il sindacato degli infermieri, che sottolinea come il testo finale abbia evitato un grave errore: “Il Parlamento ha raccolto il nostro grido d’allarme e impedito una paralisi del SSN. Nella prima versione si affidava al medico in maniera esclusiva diagnosi, prognosi e terapia, impedendo agli infermieri e ad altre figure di operare nei propri ambiti”. Tuttavia, Bottega denuncia anche l’introduzione di norme “antidemocratiche e corporative”, come la possibilità per i consigli direttivi degli Ordini di aumentare le quote annuali senza consultare gli iscritti. Altro nodo irrisolto: la tipologia contrattuale del personale dei policlinici universitari, tema che rischia di bloccare le assunzioni in un momento critico come l’avvicinarsi dell’anno giubilare.

Decisamente più critico il giudizio di Guido Quici, presidente della federazione dei medici CIMO-FESMED. Il sindacato ha stigmatizzato la scomparsa dal testo del riferimento alla “competenza esclusiva” dei medici su diagnosi, prognosi e terapia. “Come se fosse necessario specificare che il medico si occupa di queste cose: cos’altro dovrebbe fare?”, ironizza Quici, che accusa il Parlamento di “voler estendere l’atto medico ad altri professionisti” e denunciare il rischio di anarchia organizzativa. Pur riconoscendo il valore degli altri professionisti sanitari, CIMO-FESMED respinge ogni tentativo di uniformazione delle competenze: “I percorsi formativi e le responsabilità sono profondamente diversi, e non è possibile equipararli per legge”. Il sindacato dei medici punta poi il dito contro la mancanza di investimenti strutturali in assunzioni: “Si parla di tagliare i gettonisti, ma si propongono solo co.co.co. e incarichi temporanei. Nulla su concorsi stabili. Così si somma precarietà a precarietà”.

Più misurata, ma comunque critica, la reazione di Filippo Anelli, presidente della Fnomceo. “Il ddl è nel complesso positivo, ma il ritiro dell’emendamento Calandrini-Zullo è un’occasione persa. Si sarebbe potuto semplificare la prescrizione dei farmaci soggetti a piano terapeutico, consentendo dopo 12 mesi anche ai medici di medicina generale di rinnovarli”. Secondo i calcoli della Fnomceo, la misura avrebbe potuto liberare cinque milioni di visite specialistiche l’anno, riducendo il carico burocratico e migliorando la qualità dell’assistenza. “È una misura che avrebbe davvero inciso sulle liste d’attesa”, osserva Anelli. Delusione anche per lo stop all’emendamento che prevedeva il reinvestimento nella formazione professionale delle risorse generate dalla stessa norma.

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