Professione medica
Carenza medici
03/03/2025

Medici, entro il 2032 dalla carenza di specialisti alla pletora. Ecco perché

Secondo uno studio Anaao Assomed entro il 2032 ci potrebbero essere ben 60.000 neolaureati, in cerca di lavoro. Un numero superiore a quello necessario a coprire i pensionamenti

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Fino al 2027 si potrà ancora parlare di carenza di specialisti negli ospedali del Ssn, stimata in circa 20/25.000 unità. Ma lo scenario potrebbe radicalmente cambiare negli anni successivi quando, almeno fino al 2032, si potrebbe sviluppare il fenomeno contrario, cioè quello della pletora medica con ben 60.000 neolaureati, un numero assolutamente superiore a quello necessario a coprire i pensionamenti. Un esercito di camici bianchi pronto a foraggiare la sanità privata o i sistemi sanitari di mezza Europa. È quanto rileva uno studio condotto da Anaao Assomed.

“Chi si illude – commenta Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed - che la soluzione più efficace sia aumentare i posti nelle Facoltà di Medicina e Chirurgia, moltiplicando a dismisura il loro numero o quello dei Corsi di Laurea, pubblici e privati (Enna gode di due corsi e la Calabria si avvia ad avere un Corso di Laurea in Medicina per provincia) senza prima risolvere le criticità del sistema, dimostra una pericolosa superficialità con il rischio di favorire uno sperpero di risorse pubbliche in mancanza di prospettive occupazionali all’interno del SSN”.

“Gli interventi limitati all’offerta formativa appaiono sostanzialmente inefficaci nel fermare l’esodo dal sistema sanitario pubblico, prosegue Di Silverio. È cruciale, invece, rendere attrattivo il lavoro nell’ospedale e nei servizi territoriali per cercare di accrescere l’opzione in favore del SSN da parte dei medici specialisti e specializzandi. All’attuale offerta formativa, che in tutta evidenza richiede un ripensamento sia in termini qualitativi che quantitativi, anche per il rischio di pletora nei prossimi anni, deve essere abbinato un sistema di incentivi e di valorizzazione del lavoro medico in termini di riconoscimento sociale ed economico, oltre che di ruolo all’interno delle aziende. Solo attraverso un incremento della disponibilità ad essere assunti, con una conseguente crescita delle dotazioni organiche, si potranno migliorare quei carichi di lavoro oramai divenuti insopportabili per molti operatori del SSN e ridurre liste di attesa che rappresentano ormai il primo motivo di preoccupazione per i cittadini”.

“Il medico oggi abbandona il SSN perché male retribuito, aggredito, esposto a rischi di contenzioso medico-legale e privato del tempo necessario per dedicarsi senza ostacoli alla vita sociale e familiare fonte di realizzazione delle aspirazioni personali”.

Un ulteriore elemento che emerge dallo studio, sottolinea la nota Anaao, è legato all’aumento del bisogno di salute conseguente al progressivo invecchiamento della popolazione. Dal 2002 al 2022, l’età media è passata da 41,9 a 46,2 anni, gli over 65 sono passati dal 18,7% al 23,8%, gli over 80 dal 4,38% al 7,6% in rapporto alla popolazione totale. Eppure i medici in questo ventennio non sono aumentati così come ci si aspetterebbe, ma sono addirittura diminuiti rispetto all’anno di massima espansione delle dotazioni organiche, il 2009, e nel confronto con la media europea in rapporto a 1000 abitanti over 75 aa. Affrontare questa situazione senza interventi adeguati è semplicemente impossibile. “Non si può pensare di affrontare una richiesta di cure notevolmente più alta di 20 anni fa – commenta Di Silverio - con una ridotta forza lavoro, stimata in 24.797 medici tenendo conto della maggiore domanda da parte dei cittadini con oltre 75 anni di età”.

Per mantenere accettabile il livello di cure del nostro SSN, sottolinea Anaao Assomed nel commento allo studio, deve aumentare il numero di medici nel SSN: i giovani specialisti devono poter avere la possibilità di essere assunti e le condizioni di lavoro devono essere concorrenziali rispetto al privato.

Pertanto, è necessario che:

- si torni alla politica delle assunzioni: bisogna abbattere il tetto alla spesa del personale, peraltro nemmeno raggiunto dalle Regioni, molte delle quali hanno i bilanci in rosso, e investire miliardi sul capitale umano, vero motore della sanità italiana;

- la retribuzione (con il CCNL 19/21 mediamente circa 85.000 € lordi/anno) deve stare al passo con i paesi europei similari: attualmente siamo fanalino di coda in Europa (media europea circa 145.000 €), assieme a Portogallo e Grecia. Gli altri (Lussemburgo, Islanda, Olanda e Belgio per esempio) viaggiano oramai sui 180.000/200.000 € lordi/anno.

- le condizioni di lavoro devono migliorare per tutte le fasce d’età: permettere flessibilità oraria ai giovani genitori anche riducendo i giorni settimanali lavorati da 6 a 5, acconsentire sempre la mobilità volontaria intraaziendale dei meno giovani in caso di richiesta motivata, ridurre il numero di notti, festivi lavorati, pronte disponibilità attive e passive come previsto dal CCNL 19/21. Insomma, il dirigente medico non si deve sentire “ingabbiato” in ospedale per tutta la vita, senza possibilità di carriera, ma deve poter cambiare il proprio lavoro, anche aumentando l’attività ambulatoriale pubblica extraospedaliera. Senza dimenticare il miglioramento della sicurezza sui luoghi di lavoro, diventata oramai una emergenza nazionale, e la garanzia di una carriera organizzata come un ascensore professionale ed economico;

- la limitazione della procedibilità in ambito penale per danni alle persone derivanti dal lavoro medico e sanitario è la strada maestra per abbattere gli esorbitanti costi della medicina difensiva, corrispondente a miliardi di euro/anno, e conseguentemente ridurre le liste di attesa per esami non prettamente indispensabili;

- necessaria e urgente è la riforma della medicina territoriale, al fine di garantire un filtro adeguato dei codici a bassa priorità riducendo la pressione sui Pronto Soccorso e dall’altro favorendo una rapida presa in carico dei pazienti dimissibili dagli ospedali;

- prevedere una riforma della governance delle aziende sanitarie secondo modelli organizzativi che riportino i medici, e non chi governa il sistema, a decidere sulle necessità del malato, ribaltando un processo di aziendalizzazione che protegge l’autoritarismo della catena gerarchica essendo incardinato su un modello top-down presidiato dalla politica;

- prevedere un benefit previdenziale ed economico per le specializzazioni più faticose, quali il pronto soccorso e la rianimazione.


Studio a cura di
Carlo Palermo, Presidente Nazionale Anaao Assomed
Matteo D’Arienzo, Consigliere Nazionale Anaao Assomed
Costantino Troise, Responsabile Centro Studi Anaao Assomed
Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed

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