La cardiotossicità associata alle terapie oncologiche è nota da tempo, e oggi è al centro dell’attività di specifici centri di cardio-oncologia. Ciò che è stato meno indagato, tuttavia, è l’entità del fenomeno nel suo insieme (considerando cioè gli eventi cardio- e quelli cerebrovascolari) nei pazienti anziani che superano la fase acuta delle cure. Popolazione che, però, rappresenta la maggioranza dei survivor.
Ora uno studio di grandi dimensioni conferma che, nei pazienti con almeno 70 anni, l’aumento del rischio è sempre presente, è di notevole entità e non è contrastabile efficacemente con le normali strategie preventive quali l’assunzione dell’aspirinetta.
Il trial, denominato ASPREE, da Aspirin in Reducing Events in the Elderly, è stato condotto tra il 2017 e il 2017 tra gli Stati Uniti e l’Australia dagli oncologi della Monash University, che hanno arruolato poco meno di circa 15.500 over 70, senza escludere chi aveva una storia di tumore, ma non ammettendo chi ne aveva una di malattia cardiovascolare, demenza o grave disabilità, e aveva un’aspettativa di vita inferiore ai cinque anni dal momento dell’arruolamento. Come riportato su Cancer (https://acsjournals.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/cncr.35503), lo scopo originario era verificare l’effetto di cento milligrammi (mg) al giorno di acido acetilsalicilico sulla sopravvivenza priva di disabilità, sulla mortalità o sulla demenza in una popolazione anziana ma in buona salute; l’aspetto relativo alla storia oncologia è stato oggetto di uno studio secondario. In esso è stata valutata l’incidenza di infarti del miocardio, scompenso cardiaco e ictus nei circa 1.400 partecipanti che avevano avuto un tumore seguiti per una media di 4,6 anni. La differenza tra costoro e il resto dei partecipanti è apparsa subito molto evidente. Nei primi, infatti, si sono verificati 20,8 casi di malattie cardiovascolari ogni mille pazienti all’anno, negli altri 10,3, e quindi la ratio dell’incidenza è stato pari a 2,03 (doppio), e l’incremento si è visto tanto negli infarti quanto negli scompensi e negli ictus, sia in generale che di tipo ischemico. Inoltre, l’associazione più forte è risultata essere quella con i tumori del polmone e del sangue, e con le forme metastatiche. Anche la chemioterapia, come atteso, è stata un fattore di rischio specifico. Per gli altri approcci terapeutici tra i quali quelli ormonali, quelli targeted, la radioterapia e l’immunoterapia, per ora i dati non consentono di giungere a conclusioni nette. Per quanto riguarda l’aspirina, purtroppo, non sono emerse differenze tra coloro che l’avevano assunta e chi era capitato nel gruppo del placebo. Il rischio di avere una patologia cardiovascolare è risultato infine massimo subito dopo la diagnosi, ed è rimasto elevato rispetto al totale dei partecipanti e al gruppo di confronto, libero da cancro, durante un follow-up di quattro anni: l’incidenza di una patologia cardiovascolare è stata simile nei due gruppi. “Questi pazienti richiedono uno screening e una gestione adeguati” hanno commentato gli autori. “Per fortuna, il rischio può essere mitigato verificando la situazione del singolo anziano e adottando le opportune migliori preventive”.
Fonte
Muhandiramge J et al. Cardiovascular disease and stroke following cancer and cancer treatment in older adults
https://doi.org/10.1002/cncr.35503