Attualità
Intervista
24/07/2023

Un fatto di passione. Intervista a Marco Alparone

Le parole di Marco Alparone, farmacista iscritto all'Ordine della provincia di Milano, è stato per dieci anni sindaco di Paderno Dugnano

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Si può essere al servizio degli altri in farmacia come facendo politica, i presupposti sono i medesimi, sottolinea Marco Alparone, farmacista, assessore e vice presidente di Regione Lombardia.


«Non vedo una soluzione di continuità tra le due cose, per l'impegno politico è stato un ideale proseguimento di quello spirito di servizio che contraddistingue i farmacisti».
Marco Alparone, farmacista iscritto all'Ordine della provincia di Milano, è stato per dieci anni sindaco di Paderno Dugnano, popoloso Comune dell'hinterland, per poi fare parte, per un biennio, del Consiglio della Città Metropolitana di Milano. Nel 2018 la prima elezione in Regione Lombardia, pochi mesi fa la seconda. Ora, nella giunta Fontana ricopre l'incarico di vice presidente e di assessore al Bilancio e Finanza. Lo andiamo a trovare nel suo ufficio al trentaduesimo piano di Palazzo Lombardia, da dove lo sguardo si perde per tutta la città e ben oltre.

Un cursus honorum di tutto rispetto, assessore...
Io mi considero un uomo di servizio, forse proprio perché sono un farmacista. Ascolto, di servizio e di prossimità, ha tante affinità con quello del politico. Nel mio caso mi è sembrato normale portare questa predisposizione naturale nella cosa pubblica. E così appena laureato ho iniziato a lavorare in farmacia e al contempo ho assecondato la nascente passione per la politica. Primo passo, consigliere comunale.

Pensava già di farne una carriera?
La vita è fatta di circostanze e di opportunità. Dopo dieci anni da sindaco pensavo di chiudere, pensavo che la mia dimensione fosse quella della comunità, del luogo dove ero cresciuto e dove vivevo. Al servizio, appunto dei cittadini, delle persone che mi conoscono e mi incontrano per strada. Non è possibile dire sempre sì alle istanze dei tuoi concittadini ma l'importante è fare loro intendere che determinate scelte vanno fatte. Per me una palestra di vita, faticosa, le persone venivano a cercarmi fin dentro la farmacia quando mi volevano dire qualcosa... un rapporto di affetto tuttora fortissimo.

Ma poi non si è fermato lì...
Infatti, mi è stato chiesto di candidarmi alla Città Metropolitana, dove ho avuto un record di preferenze, infine mi hanno chiesto di presentarmi per Consiglio regionale e quello è stato davvero un punto di svolta.

In che senso?
Nel senso che cambia davvero la dimensione dell'agire politico. Eletto consigliere ho avuto la fortuna di diventare subito presidente della Commissione Bilancio, organo di controllo molto importante che ti consente esaminare tutta l'attività della giunta, attraverso quello che è lo strumento principale, ovvero la gestione delle risorse finanziarie. Poi un ulteriore passo avanti, quando, per gli ultimi due anni della precedente legislatura, il presidente Fontana mi ha nominato Sottosegretario alla Delegazione di Bruxelles sul tema della programmazione europea 2021-27.

Che esperienza è stata?
Di grande rilievo. Ci siamo confrontati sulla Commissione europea sugli obiettivi da perseguire, sulle modalità con cui investire in Lombardia ben 3,5 miliardi di fondi europei. Siamo stati la prima Regione a chiudere l'accordo con la Commissione e già dal settembre scorso abbiamo avviato la progettazione.

E la volta successiva è stato rieletto in Regione...
Nel frattempo, però ho vissuto il periodo del Covid anche attraverso la prospettiva delle mi colleghe in farmacia. E qui voglio aprire una parentesi sul ruolo che nei due anni di pandemia la farmacia ha assunto.

Un ruolo importante...
Un ruolo fondamentale. Intendiamoci, anche in precedenza godeva dell'apprezzamento dei cittadini ma solo con il Covid essi hanno percepito quanto essa sia indispensabile. Non esiste presidio sanitario più prossimo della farmacia, direi soprattutto della farmacia italiana e dei farmacisti che vi lavorano. Quando c'è un bisogno noi ci siamo sempre.

Torniamo alla politica...
Mi sono ricandidato in Regione, sospinto dai miei stessi concittadini. E da loro ho ricevuto un ampio consenso, trasversale, nonostante avessi cambiato partito, presentandomi con Fratelli d'Italia. Sono stato rieletto e a quel punto il presidente Fontana, che conosco da tempo e stimo, mi ha dato grande fiducia affidandomi una delega importante e, in più, il ruolo di vice presidente della giunta. E per questo devo dire grazie anche alla presidente del Consiglio che ha vallato questa scelta nonostante io sia entrato in Fratelli d'Italia solo da due anni.

Lei ricopre anche il ruolo, nella Conferenza delle Regioni, di coordinatore della Commissione Bilancio, rappresenta gli assessori al Bilancio di tutte le Regioni italiane...
Un'altra delega molto dedicata, che mi consente anche di conoscere le istanze di Regioni meno ricche della Lombardia e di interloquire con il governo in un'ottica di interessi non più regionali ma nazionali. Un approccio che, devo riconoscere, è lo stesso del presidente della Conferenza Fedriga. Riusciamo sempre a fare una sintesi delle varie esigenze regionali, presentandoci allo Stato in modo unitario. Dobbiamo essere in grado di far convivere autonomie e solidarietà.

Compito non facile...
Assolutamente. Io ritengo che autonomia sia sinonimo di responsabilità, non di accaparramento di risorse. È nostro dovere allora spronare le Regioni più in difficoltà ad avviarsi verso standard di efficacia ed efficienza simili ai nostri.

Tornando alla Lombardia, lei da assessore al Bilancio deve gestire quello è che di gran lunga il maggiore capitolo di spesa, la sanità. Qual è il cammino da intraprendere?
Innovazione, ricerca e sviluppo, capitale umano: sono queste tre le direttrici da seguire.

Proviamo a declinarle.
Stiamo vivendo un periodo di grande cambiamento e, anche in seguito alla pandemia, cambiano gli strumenti con i quali affrontare la gestione del welfare e, in particolare, dell'assistenza sanitaria, secondo una prospettiva one health: salute individuale, salute collettiva, sostenibilità ambientale. L'innovazione è fondamentale, la digitalizzazione in primis, ma questi sono solo strumenti: l'eccellenza di un sistema sanitario deriva prima di tutto dalla qualità del capitale umano. Di pari passo occorre incentivare la ricerca, ma in questo la Lombardia, con le sue università e i suoi Irccs, non ha niente da invidiare a nessuno, in Europa.

E tuttavia i cittadini oggi vivono situazioni di disagio, anche in Lombardia, quando si tratta di accedere ai servizi sanitari.
È vero, durante la pandemia i cittadini si sono sentiti un po' soli, un po' abbandonati, non certo dalle farmacie però. Riguardo alla Regione Lombardia voglio ricordare che essa è in equilibrio di bilancio, in sanità. Altre non lo sono e la conseguenza è che certi disavanzi vengono coperti da risorse centrali, che per forza di cose vengono sottratte ad altri servizi di carattere pubblico. Fatta questa premessa, anche la Lombardia deve migliorare sotto determinati punti di vista.

In che senso?
Il modello lombardo prevede una concorrenza tra pubblico e privato convenzionato a tutto vantaggio della qualità dei servizi. Un modello che funziona e che va preservato, fatto di strutture ospedaliere molto spesso ai vertici delle classifiche internazionali. Le criticità semmai riguardano l'ultimo miglio, la sanità territoriale, le liste d'attesa.

Questioni non da poco...
L'accesso difficile alle strutture è dovuto anche alla forte migrazione sanitaria, che conduce in Lombardia migliaia di pazienti provenienti da altre regioni. Quanto alla prossimità, il modello non deve essere univoco ma composito: case di comunità, ospedali di comunità, rete delle farmacie. La digitalizzazione può dare sicuramente un supporto, tutti questi sistemi devono essere integrati.

L'assessore al Welfare di Regione Lombardia sostiene che quello delle risorse è l'ultimo dei problemi.
Bertolaso ha ragione, in linea di principio, il problema è che anche la Lombardia, che è in equilibrio di bilancio sanitario e a cui le risorse non mancano, si deve attenere a dei vincoli centrali nella gestione. Abbiamo recentemente chiesto al ministro Schillaci maggiore flessibilità, maggiore libertà d'azione ma è difficile ottenerla. È una questione di equità, se la Lombardia diventa un polo di attrazione per professionisti della sanità che nelle regioni di origine si trovano in sofferenza, si rischia di creare divari regionali ancora maggiori di quelli attuali. E tuttavia ritorno sul tema già accennato: il capitale umano è la prima risposta alle liste d'attesa.

Facendo un passo oltre, non ritiene che salute e innovazione siano oggi più che mai elementi di crescita economica e culturale per un Paese come l'Italia?
Assolutamente sì, la Lombardia è giù un hub di livello europeo quando si parla di life science. Guardiamo allo Human Technopole nell'area del Mind, alla Città della salute in via di realizzazione nell'area ex Falck di Sesto San Giovanni. Regione Lombardia ha deciso di investire tante risorse nell'area ex Expo perché lì doveva nascere un ecosistema di innovazione life science. Il Mind non si costruisce da un giorno all'altro, è il frutto di una grande capacità di visione: università, centri di ricerca, risorse private destinate a un luogo che è sinonimo di innovazione. Un modello che sarebbe da estendere anche ad altre Regioni d'Italia.

di Ludovico Baldessin e  Giuseppe Tandoi 

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